MOONSORROW: Jumalten Aika
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14/04/2016Quanti gruppi al giorno d'oggi possono dire di non aver mai sbagliato un disco? I Moonsorrow arrivano al settimo, ed anche stavolta non hanno messo il piede in fallo, confezionando l'ennesima prova invidiabile, ineccepibile e con una sua identità precisa, e cosa ancora più importante, capace di resistere alla forza dei suoi predecessori. Si continua con l'indurimento del suono, con la diluizione degli elementi folkloristici e degli strumenti tradizionali, pur sempre presenti e una grande novità: "Sunden Tunti" non solo dura solo sette minuti, ma è di gran lunga uno dei brani più accessibili del quintetto finlandese, essendo collocato metallicamente dalle parti di Manegarm e Thyrfing. Si tratta anche di un falso indizio per gli ascoltatori, visto che è stato il pezzo dato in pasto ai fan e alla stampa in attesa dell'uscita. In breve è un esperimento riuscito che ci fa capire la statura dei Moonsorrow, superiori anche in un genere affine al loro e meno complesso. I quattro lunghi e epici viaggi rimanenti seguono la scia del penultimo 'Varjoina kuljemme kuolleiden maassa' del 2011 e non se ne distanziano tanto, se non fosse per un ulteriore passo in termini di asciuttezza, di compattezza dei riff che rende 'Jumalten Aika' il disco della loro carriera che più deve a Bathory, il più epico e roccioso, ferma restando la innata e immutata capacità di travolgere e creare una barriera tra il loro mondo e quello reale. Prendete tutti gli aggettivi, i superlativi e gli attributi che si sono usati per definire i lavori da 'Havitetty' in poi e riversateli in questo contesto: ci staranno comunque bene. Ve lo immaginate George Clooney che vestito da antico finnnico scala una collina innevata e vi urla a pieni polmoni: "Moonsorrow, what else?" ingurgitando quell'abominevole caffè che pubblicizza?
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