POWER THEORY: An Axe To Grind
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10/09/2012Secondo disco per i Power Theory che, a dispetto del nome anonimo, riversano in questi cinquanta minuti molti spunti degni di nota. Non potevano che essere in dotazione alla Pure Steel, che già aveva ristampato il loro debutto nel 2011, ma col nuovo album gli americani si sono superati. Non parliamo certo di capolavori, ma di tanto onesto metallo a stelle e strisce che non va diretto al cuore, ma ha bisogno di diversi ascolti per essere assimilato. In quest'ottica va visto il cantato di Santini, a metà tra Mustaine e Warrel Dane, che compensa con l'interpretazione quanto perde in potenza. 'An Axe To Grind' è dedizione al verbo del metal di scuola americana e non ha dietrologismi di sorta. Il riffing è ispirato e fluido, più a suo agio nelle sezioni rockeggianti, tanto che la violenta escursione nel thrash di "A Fist In The Face Of God" è il pezzo meno riuscito dell'album. La prima metà di 'An Axe To Grind' è di gran lunga migliore della seconda: la perfetta opener è affilata, ma corposa, però è con la terremotante "Deceiver" che non si riesce a star fermi, parte l'headbanging indiavolato fino al break melodico. Nota di merito per un basso meraviglioso nella titletrack che ogni defender dovrebbe cantare in coro, ma riscontriamo la mancanza di un chitarrista solista che possa fare la differenza. "The Seer", orientaleggiante e cadenzata, si trasforma presto in una cavalcata sinistra, mentre la conclusione del disco non esalta, con troppi richiami agli Iron Maiden nel brano di chiusura e passaggi a vuoto in "On The Inside" e "Colossus" (qualche strofa passabile, ma nulla più).
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