SACRED STEEL: The Bloodshed Summoning
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08/03/2013Chi l'avrebbe mai detto? I Sacred Steel si danno all'indie rock con influenze tribali. Pazzesco, vero? Infatti è una immane panzana scritta per attirare coloro che sono stanchi di gruppi - come questo - che sono tacciati di eccessivo immobilismo. E per dire ai suddetti scettici che fanno male ad essere sempre così drastici. L'heavy metal della band tedesca non sarà ricordato nei secoli, ma è indubbio che tra i gruppi dell'ondata degli anni Novanta sono assolutamente delle teste di serie, come i Primal Fear ed Iron Fire ad esempio. Lontani anni luce dalla grandezza e dalla grande personalità dei Rage (per rimanere in ambito germanico), ma disco dopo disco fautori di pirotecnici giochi di speed metal. Non meritano di essere snobbati o addirittura di essere ricordati solo perchè sono stati la prim band tedesca a firmare per Metal Blade. L'evoluzione è pressochè bloccata, si parla di limature continue ad una materia che al giorno d'oggi il gruppo padroneggia alla perfezione. La copertina di 'The Bloodshed Summoning' sembra quella di un fumetto americano o al massimo il volantino di qualche filmone horror e la sostanza, ascoltata alla luce di questo tipo di concetto grafico, si rivela molto piacevole e "cinematografica". Ogni pezzo è a suo modo evocativo: la voce è estremamente riuscita nella sua alternanza di cori puliti e ruvide escursioni nel thrash, conduce la potentissima sezione ritmica con destrezza. Il meglio -come nei dischi precedenti- proviene dalle canzoni che assemblano più motivi e più momenti, diversi tra loro, con spazio ad arpeggi ispirati, assoli infuocati e varietà ritmica (ancora il thrash viene in aiuto). Il brano che dà il titolo al disco esemplifica questa tipologia di composizioni. Nell'ordinario invece l'insieme di bordate a tutta velocità, inesorabilmente simili tra loro e destinate a far la gioia solo degli afecionados di certe sonorità (eppure la opener nella sua semplicità potrà diventare un classico dei Sacred Steel). Il promo in nostro possesso si fregia di tre bonus track: due pezzi (giustamente) esclusi dalla tracklist regolare per la loro qualità leggermente minore e una sfiziosissima cover dei Misfits. In definitiva, un ritorno -al solito- con diverse luci e qualche ombra, congenita e oramai caratterizzante il sound del gruppo tedesco. Arrembante, senza soluzione alcuna di continuità: una colata di acciaio, cosa volete di più?
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