ARKONA: Yav
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27/04/2014Avevamo lasciato gli Arkona con un live monumentale, auspicando che tutta l'energia non si disperdesse in vista del disco successivo. Con l'avvento di 'Yav' non solo la band si presenta in una forma invidiabile, tra l'altro con un nuovo drummer (i cambi di formazione sono una rarità per i russi), ma pone le basi per una evoluzione che già poteva dirsi preannunciata lontanamente in 'Goi, Rode, Goi!', filtrata attraverso la grandiosità misteriosa di 'Slovo' e ora finalmente manifesta. Sembrerebbe un paradosso: un gruppo pagan metal la cui componente folk è in leggera diminuzione, ma questo è forse dovuto alla confusione creatasi da qualche tempo tra il folk e il pagan, che non rende giustizia alle sfumature e alle necessarie distinzioni tra i vari filoni. Dicevamo, è ben possibile limitare alcuni aspetti che evidentemente gli Arkona non ritengono più rappresentativi, all'interno di due brani tutto sommato minori di questo album, e cioè l'anthem "Serbia" e la relativamente leggera "Gorod Snov". Il cambiamento non è netto o brutale, la apertura con "Zarozhdenie" è quanto di meglio ci si possa aspettare, un minutaggio che non lascia scampo e atmosfere che vanno a lambire il prog, configurando un metal pagano e moderno, pronto a dettare legge e dominato da una cantante fenomenale come Masha, che da sola riesce a riprodurre le urla e gli strepiti di un esercito di barbari e al contempo la sensuale femminilità di una creatura illibata. Un lento climax tribale e bellicoso, forte di una miriade di dettagli cromatici e abbellimenti. Il contrasto tra la crudezza quasi black e ritmi cadenzati più attuali è al massimo livello in "Na strazhe novyh let", ma è quando si tratta di fare le grandi ed epiche cavalcate nella steppa che i russi danno il loro meglio. La title track è un mondo a parte e in casi del genere si tratta del miglior scopo che si potesse raggiungere, una composizione culminante in fierezza, orgoglio e potenza. Peccato che il brano finale sia una outro sotto mentite spoglie, molto evocativi i sospiri e la sfumatura della canzone che pian piano si dirada, ma dopo oltre un'ora di grande metal non ne sentivamo il bisogno. Leggera prolissità quindi, nuovi mezzi di espressione che non temono nulla e l'ennesima conferma: questi sono gli Arkona di 'Yav', pronti a sedere di nuovo sul loro trono.
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