BODYFARM: Battle Breed
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18/02/2016Ancor prima di premere il tasto play avevamo in mente quanto avremmo ascoltato. Death metal senza compromessi, dritto come un carro armato che implacabile bombarda i piccoli poser che vanno dietro alle apparenze. Come la Germania è da sempre la patria più conservatrice dell'heavy classico, l'Olanda lo sta diventando per questa declinazione guerrafondaia, fatta di ritmi mai troppo elevati, break col rullante a mitraglietta e paesaggi desolati, devastati, in cui il riff diretto è la bibbia e il drumming squadrato è il suo profeta. Bodyfarm è sinonimo di ortodossia, tradizione e colpi di mortaio nelle natiche. Terzo disco in cui le variazioni rispetto al passato sono minime, questo 'Battle Breed' ha qualche influenza thrash più marcata, stile Thanatos o Sodom ultima maniera, non solo per le tematiche trattate e la copertina. Di contro, la traccia di apertura con il grande Martin van Drunen sembra rubata agli Hail of Bullets, 'Prince of Wallachia' insiste su melodie sinistre e altri brani sono più orientati al death svdese. Tra rallentamenti cicciosi e sgroppate senza freni, il dischetto arriva alla conclusione con ordine e stile, grazie anche ad una produzione abbastanza pulita che valorizza l'aspetto strumentale. Senza grossi patemi d'animo, risulta alla lunga un po' prolisso, dotato di un certo appeal soprattutto per i palati meno esigenti in tema di originalità e per gli amanti della vecchia scuola, quella del riff da pogo e growl intellegibile. I Bolt Thrower saranno pure i maestri del genere, ma neanche gli allievi scherzano.
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