DE PROFUNDIS: Kingdom Of The Blind
data
21/09/2015Prima o poi la smetteremo di fare paragoni calcistici, ma questi De Profundis ci ricordano il Chievo degli ultimi dieci, quindici anni. Squadra di bassa classifica, con una luminosa eccezione degli anni di Del Neri, in cui i veronesi arrivarono anche al quinto posto nella classifica di Serie A. Ecco, l'annata migliore della band inglese, fino ad ora, è stata quella del 2012, con un album sontuoso, agile, che ha tutte le carte in regola per diventare un piccolo gioiello occulto del death europeo degli anni Dieci: tecnico, melodico, elaborato. Frutto di combinazioni che non sappiamo se si ripresenteranno. Sicuramente non siamo vicini a quel risultato con Kingdom Of The Blind, che -forse complice il cambio di chitarrista e batterista- ridimensiona le nostre aspettative e forse anche le ambizioni dei De Profundis. Qualche stacchetto tech death col basso in evidenza rimane, infatti "Beyond The Threshold" è uno dei pezzi migliori, però il resto sembra solo lontanamente parente del predecessore. Innanzitutto il cantato è troppo old school, mal si adatta molto alle evoluzioni armoniche dei musicisti. Questi ultimi inoltre scelgono di falcidiare la varietà e stratificazioni che avevamo amato, anzi in "Kult Of The Orthodox" siamo praticamente nel bel mezzo di una tempesta black metal. Tutto tende a ripetersi e alla fine abbiamo tra le mani un album di death tecnico allungato con forti tendenze melodiche. Se avete sentito di cosa è stata capace la band in passato con 'The Emptiness Within', non potrete accontentarvi. Gli altri magari sì, un po' gli smanettoni degli strumenti e un po' gli amanti del Gothenburg sound, due mondi che nonostante tutto i De Profundis riescono ancora ad unire con cognizione di causa.
Commenti