GRAVES AT SEA: The Curse That Is
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08/04/2016A che serve pubblicare un full se hai diversi split e singoli che come minutaggio sono decisamente consistenti? Serve a dare il colpo di grazia. I Graves At Sea sono una vecchia conoscenza della palude che finalmente emerge dal fango, e ci obbliga a prendercela comoda, rallentando i tempi e tenendoci impegnati per giornate intere. Signori, questa è la forza dello sludge. 'The Curse That Is' è quello che miriadi di recensori definirebbero come "monolitico", ma la dicitura esatta sarebbe "asfissiante e gigantesco". A partire dai primi secondi si capisce che l'ascolto non sarà cosa semplice, che bisognerà tenere all'erta tutti i sensi, non scapocciare semplicemente come dei troll. Il cantato rende omaggio agli Eyehategod: tipica è la sensazione che qualcuno stia martoriando le corde vocali di Nathan con un coltello seghettato, quasi cercando di suonarle a mo' di strumento classico. I riffoni impostati che non si smuovono nemmeno con una ruspa sono in gran parte di scuola Crowbar, anche se ci sono alcune deviazioni più classiche (Black Sabbath) e altre narcotizzanti alla Electric Wizard. La particolarità di un disco tutto sommato nient'affatto rivoluzionario, che punta più sulla strabordante quantità che sulla pur buona qualità, è quel violino che irrompe in un paio di tracce. Dopo diversi minuti di agonia e tormentato sludge il suono soave sembra volerci dare un'ancora di salvezza, respiro, vita. Ma sono solo illusioni perché tramortisce ancora di più e alla fine dà quel tocco psichedelico che movimenta ulteriormente il lavoro. Non se ne esce indenni, questo è certo. Qualunque sia la vostra resistenza sarete più propensi alla autodistruzione dopo qualche giro nello stereo, che sarà aumentata in modo direttamente proporzionale all'amore verso il genere.
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