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FRANTIC PARTY 2021

In un periodo di generale difficoltà ad organizzare eventi musicali che possano raggiungere una buona riuscita in termini di risposta del pubblico e di sostenibilità finanziaria, esiste per fortuna della gente che si rimbocca le maniche e con una sana dose di impegno e di concretezza riesce a mettere in piedi una soluzione che possa accontentare un po’ tutti. Questo è il caso dei ragazzi che, dal 2017, organizzano il Frantic Fest, nella ormai consueta e comoda location del Tikitaka Village di Francavilla al Mare (CH). Dopo l’esplosiva edizione del 2019, i nomi che sarebbero dovuti essere presenti nel 2020 avevano creato tutte le premesse per mantenere inalterato l’elevato livello qualitativo sin qui raggiunto dall’organizzazione. Purtroppo la pandemia da Covid-19 ha praticamente sconquassato i piani di tutto il settore della musica dal vivo, e i ragazzi abbruzzesi ovviamente non sono stati esenti da tutta l’ondata di cancellazioni e spostamenti vari, dando quindi appuntamento al 2021 per l’ultima edizione del festival. Il perpetuarsi dell’emergenza ha di nuovo reso difficile i lavori di preparazione del festival, al punto da rischiare un ulteriore slittamento. Negli ultimi anni, però, abbiamo potuto constatare l’intelligenza e la professionalità di un’etichetta come Spikerot Records, figura principale dello staff organizzativo, che non si è gettata nello sconforto, ma che forte delle loro conoscenze e delle loro dinamiche ha cercato di assemblare un festival che ha risaltato in maniera completa quanto di buono l’underground musicale italiano ha da offrire sulla piazza. Essere costretti a non dover contattare band internazionali per molte ragioni che tutti sanno, la soluzione è stata quindi di portare a Francavilla delle realtà nostrane che, negli anni, hanno saputo ritagliarsi un importante spazio nel metal underground made in Italy. In un Tikitaka riorganizzato negli spazi e nell’affluenza massima di partecipanti (capienza massima stabilita a 250 persone, tutte munite di Green Pass, e con posti a sedere), è andato quindi in scena il Frantic Party 2021, evento di un solo giorno (a differenza della tre giorni delle edizioni passate), che si spera sia un’edizione di transizione per un immediato futuro in cui si possa tornare ad usufruire di eventi metal con maggiore libertà e scioltezza, privi di ogni restrizione.

Come antipasto della lunga serata metallica, e come logica del Frantic che si rispetti e che fa dei decibel impennanti e dell’estremismo sonoro le sue componenti principali, ci ha pensato il buon Alessandro Galli, per tutti semplicemente ‘Otto’ che, grazie alla sua estrema passione per tutto ciò che riguarda la sperimentazione sonora portata all’eccesso, mette in mostra quello che negli ultimi anni è stato il progetto artistico principale, il tutto partendo da semplici consolle a 8-bit. arottenbit è un’entità che spomella i cari vecchi Gameboy, usando i loro caratteristici bip che tanto hanno fatto fondere i cervelli dei ragazzi appassionati di videogiochi negli anni ’80-’90, e campionandoli in modo tale da creare delle melodie veloci e martellanti che strizzano un occhio una certa componente techno più estrema ed aggressiva. Questi suoni potenti e costanti danno subito una chiara direzione al festival, e la musica di arottenbit rientra perfettamente nel clima di questo happening, dove l’alto volume ed una certa ignoranza sonora sono sempre i benvenuti.

Terminato il caotico antipasto, al Frantic si inizia a confrontarsi con la musica suonata nella maniera, come dire, più tradizionale. Ecco, ‘tradizionale’ è proprio il termine perfetto per sintetizzare la musica dei Bottomless, trio nato da qualche anno dalla mente di Giorgio Trombino, leader dei funeral-doomsters Assumption, dove proviene anche il batterista David Lucido, insieme alla sua compagna Sara Bianchin, nota per essere la front-girl dei Messa, ma che in questo caso riprende la sua prima passione, il basso, già affrontato con la sua precedente band Restos Humanos. I Bottomless non propongono altro che doom metal nella sua forma, appunto, più tradizionale, calcando le orme di band storiche come Candlemass, Pentagram e Trouble, di cui si piange la recente scomparsa del cantanta Eric Wagner, leader di una band senza la quale, per stessa ammissione del trio italiano, i Bottomless non sarebbero mai esistiti. Trombino e i suoi propongono una manciata di pezzi tratti dal loro debutto omonimo, uscito qualche mese orsono per Spikerot, mettendo in mostra come il loro doom sia pienamente efficace, convincente e per niente stancante, riuscendo sempre ad essere propositivo e giovando del fatto che i singoli brani hanno tutti un minutaggio medio che fa prediligere la scorrevolezza musicale. Trombino alla voce si rivela particolarmente epico e distintivo, e Sara non si fa dispiacere affatto nelle vesti di bassista, calandosi perfettamente nella parte e lasciandosi coinvolgere anche emotivamente nell’andamento dei brani. Sarà anche il bagaglio musicale sin qui accumulato, ma per essere la seconda performance live in assoluto della band, si può dire serenamente che hanno centrato l’obiettivo, fiduciosi del fatto che avranno sicuramente parecchie chances di mettersi in mostra in futuro.

Un soundcheck particolarmente elaborato e prolungato ha permesso comunque ai prog-deathsters romani Bedsore di mettersi in mostra con il loro intricato sound estremo che alterna sfuriate death metal classiche e vari inserimenti più ricercati e tendenti al progressive, grazie anche all’utilizzo di tastiere ed hammond, che colloca questa giovane band sul tracciato costruito da nomi come Cynic e Opeth. I Bedsore non sembrano cercare l’immediatezza e la monodirezionalità frontale tipica del death metal vecchia scuola, nonostante le chitarre veloci e il doppio growling possa far virare verso questo tipo di prospettiva, quanto una sorta di percorso cerebrale ed intricato che ad un certo tipo di ascoltatore non riesce perfettamente ad inquadrare, e che ha bisogno di una riflessione più prolungata rispetto a quella di un minutaggio contenuto come quello di un live a metà bill di un festival. D’altra parte, si può comunque ammettere che la qualità tecnica e la ricerca di interessanti intenzioni fa pendere l’ago della bilancia verso una considerazione positiva della band, che su disco può essere maggiormente assimilata per poi essere affrontata in sede live con maggior interesse. probabilmente i Bedsore sono una band che può arrivare a definirsi polarizzante: o li apprezzi totalmente, o non riesci a digerirli. Il consiglio è comunque quello di cercare di studiare questo tipo di band, al fine di rendersi conto se il loro è un percorso che merita di essere apprezzato. La convinzione è quella che, alla lunga, il loro progetto possa pagare.

Un’altra band che ha recentemente pubblicato per Spikerot Records sono i napoletani Naga, una band che ha elevato lo sludge-doom italiano ai suoi più alti livelli, esprimendosi come tra le migliori band italiane che propongono questo genere. I Naga vengono apprezzati per il fatto di mettere al centro dell’attenzione l’importanza del muro di suono, che si erge e si presenza in maniera avanzante lungo tutta la loro esibizione. Anche in questo caso, la band non si smentisce, e complice un ottimo settaggio dei suoni, colpiscono i presenti con una serie di bordate metalliche che si infrangono in pieno petto. I brani del loro ultimo album ‘Void Cult Rising’ si elevano in tutta la loro potenza, e permettendo a parecchi presenti di lasciarsi andare a liberatorie scapocciate, di cui se ne sentiva il più disperato bisogno in questi tempi. Una prestazione ai limiti dell’indiscutibile, che ci lascia con un senso di soddisfazione che rinfranca i nostri corpi.

Da Spikerot Records si passa ad Antigony Records, altra label che supporta da vicino il Frantic Fest, che in questo party segna il ritorno dal vivo, dopo tre anni dall’ultimo live, dei varesotti Threestepstotheocean, tra le realtà più importanti del post-metal italiano. In una scenografia interamente monocromatica, il quartetto opera sul palco quello che, a tutti gli effetti, si può considerare come il release party di ‘Del Fuoco’, ultimo nato in casa Threesteps, un disco che continua ad essere fedele al loro sound particolarmente freddo e metallico, come fredda è l’aria che intanto si è venuta a creare attorno al Tikitaka, dato anche il programma che si era nel frattempo dilatato. Nonostante qualche problema alla chitarra, si vede come sul palco i quattro ragazzi che ruotano attorno al movimento del Circolo Gagarin di Busto Arsizio (due parole: una realtà culturale che, tra le tante colpite dalla crisi, è tra quelle che sta cercando nella maniera migliore possibile di rialzarsi attraverso un’offerta multisettoriale molto apprezzata) hanno dato tutto, come voglia di suonare e come intenzione di lasciare un segno sul palco. Un po’ per l’atmosfera, un po’ per i suoni piuttosto fermi che uscivano dalle casse, forse non si è riusciti a centrare in pieno l’attenzione dell’ascoltatore. Onestamente, abbiamo assistito a loro performance più calde ed impattanti. Ma il fatto che, comunque, la band sia scesa dal palco soddisfatta dopo un lungo silenzio dal vivo, può forse far assopire le lievi incertezze della loro esibizione.

Verso l’una di notte sale sul palco a chiudere questa, per certi versi, encomiabile edizione del Frantic Party una band che, grazie ad un album come ‘Immoto’ accolto in maniera molto ampia e trasversale da fans e critica, ha fatto crescere ancora di più il loro nome nel panorama post-metal più tendente all’estremo. I bolognesi Nero di Marte sono ormai diventati una certezza nel saper fondere variegati tipi di atmosfere, da quelle più ricercate a quelle decisamete più dirompenti ed articolate. Rispetto ai già citati Bedsore, il versante maggiormente progressive del post-metal dei Nero di Marte risulta essere decisamente più efficace e diretto verso il punto che indica la direzione. Questo è il merito di un sound che, negli anni, si è fatto sempre più concreto, mantenendo assolutamente inalterata la loro indole di band dal sound mai scontato. Equilibrio nei cambi di ritmo, attenzione nei passaggi melodici più semplici e la metrica ben strutturata della voce di Sean Worrell, oltre al suo particolare timbro a tratti lacerante, sono gli ingredienti fondanti su cui si poggia tutto il pensiero dei Nero di Marte. Il fresco cambio di metà line-up, con l’ingresso di Giorgio Figà Talamanca al basso e Alessio Cattaneo alla chitarra, non sembra avere per nulla intaccato l’equilibrio e la proposta artistica creatasi sin dall’inizio, che sembra quindi proseguire su binari pregni di qualità, puntando verso nuove ispirazioni.

C’è solo da supportare realtà come il Frantic Fest che mettono sempre al centro il rispetto verso il pubblico appassionato di underground, che non si perdono d’animo di fronte alle difficoltà, e che mettono in un angolo tutte le critiche e le voci fastidiose semplicemente con la giusta dose di ironia che profuma tanto di convinzione e fiducia nei propri mezzi. Con la speranza che il prossimo anno si possa spaccare come nel 2019.

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