MONO

Inesorabili come un orologio svizzero, i giapponesi spaccano il secondo delle 21.30 (orario di inizio concerto, specificato nell’evento), ed onestamente a Roma non siamo abituati a tanta precisione negli orari di inizio degli spettacoli. Il Largo Venue (uno dei migliori club della capitale per acustica ed amplificazione), rasenta il sold out, segno che i Mono hanno raggiunto uno status di tutto rispetto, se solamente pensiamo che fino a qualche anno fa non riuscivano a riempire club con una capienza nettamente inferiore. Per l’occasione non hanno voluto band spalla ad accompagnarli, segno che con ci avrebbero omaggiati con una carrellata di brani che avrebbe coperto buona parte della loro discografia, che vanta 22 lavori sulla lunga distanza su 26 anni di carriera. Nello specifico con gli estratti son partiti dal disco ‘Hymn to the Immortal Wind’ in avanti, con maggiore spazio dedicato ai pezzi dell’ultimo lavoro ‘Oath’. Stavolta non hanno suonato con il loro classico modus operandi: cioè intro lenti, placidi e melliflui, crescendo e diminuendo che salgono come la imponenti maree per planare verso placide acque, delineati da struggenti vibrato che tendono a deflagrare ma mai a velocità incontrollata; hanno alternato, talvolta iniziando come sopra descritto ed altre direttamente a ritmi più alti. Nessuna concessione allo spettacolo o all’interazione con il pubblico, i giapponesi parevano immersi in una realtà adimensionale del tutto propria, come se vagassero in mondi che apparentemente non collimavano tra loro ma perfettamente interconnessi dal lato strumentale. Chiusura del set non poteva che essere dedicata a "Recoil, Ignite" dall’album ‘Rays Of Darkness’ che racchiude tutta l’essenza compositiva della band. Un saliscendi emozionale da gustare ad occhi chiusi, come più di qualcuno dei presenti ha fatto: in contemplazione. Inebrianti, rapiscono e trasportano vorticosamente in luoghi lontani.