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ARCH ENEMY: Burning Bridges

data

24/11/2003
100


Genere: Melodic Death Metal
Etichetta: Century Media
Distro:
Anno: 1999

"Burning Bridges", terzo album per gli svedesi Arch Enemy, rappresenta probabilmente l'apice compositivo assoluto mai raggiunto dai fratelli Amott; una line-up invidiabile, pezzi di elevatissima qualità ed una produzione stratosferica. Il territorio nel quale si muovono con estrema agilità i cinque nordici è quello cui fa riferimento anche il precedente "Stigmata", ovvero un death melodico tipicamente swedish ricco di influenze thrash e melodie mutuate dal metal classico. Una mistura apparentemente banale ma che, in realtà, non ha attualmente rivali se consideriamo che di band fotocopia degli Arch Enemy non ce n'è, a differenza di, per esempio, In Flames e Dark Tranquillity. "The Immortal" apre le danze, e questa canzone da sola basterebbe a demolire qualsiasi altro gruppo che tenta di fondere death e metal classico: riff thrash spesso armonizzati, voce al vetriolo (merito di una delle ugole più espressive e caratteristiche del metal, mr. Johan Liiva), assoli tecnicissimi e melodicissimi, batteria "a muro". Ma non finisce di certo qui; il trittico successivo è da infarto, parliamo di "Dead Inside", "Pilgrim" (brano dalla spiccata indole progressive che si mantiene su ritmi poco esasperati senza perdere un'oncia della potenza sprigionata nel resto del disco) e "Silverwing". A dir poco eccezionali anche il poker di chiusura, nel quale meritano sicuramente un accenno "Angelclaw" e, soprattutto, la conclusiva title-track, una sinfonia metallica di rara bellezza, dall'incedere malinconico scandito da riff talmente tristi che vi penetreranno nel cuore per non uscirne mai più. E mentre tutto ciò si allontana, da brividi quì l'interpretazione di Liiva, aiutato da un testo di Amott assolutamente splendido, ecco che entrano pianoforte e violino, come se non avessimo già la pelle d'oca; quando poi, all'improvviso, la track si interrompe al suono di un vinile strappato dalla piastra, ci si risveglia con la netta impressione di aver ascoltato un lavoro di caratura spaventosa. Non credo ci sia altro da aggiungere; ah si, solo che questo album è la perfezione assoluta.

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