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DESTRUCTION: THE ANTICHRIST

data

21/09/2004
63


Genere: Thrash
Etichetta: Nuclear Blast
Anno: 2001

Ecco l'arcano della discografia dei Destruction; più di mezze fetecchie tipo "Release From Agony" o "Cracked Brain", "The Antichrist" rappresenta il punto di domanda nella carriera dei tre tedeschi, per un semplice motivo: è un disco mediocre, men che mediocre per una band come i Destruction ma che per il battage pubblicitario della Nuclear Blast (che li ha insigniti del titolo di 're del thrash ecc' senza chiedere il permesso a nessuno) e la produzione di monsieur Peter Tagtgren si ritrova inspiegabilmente ad essere osannato e considerato addirittura uno dei migliori dischi thrash degli ultimi anni! Ma andiamo con ordine... dopo la reunion non c'è stato che da gioire alla luce di un masterpiece come "All Hell Breaks Loose", potente e capace di attualizzare per quanto possibile il trademark tipico di Schmier e soci e soprattutto ricco di brani memorabili e spaccaossa; come è ovvio dunque la curiosità per questo seguito era tanta, e se aggiungiamo la tanto strombazzata super produzione Abyss Studios, capirete come sulla carta "The Antichrist" fosse ben più che un semplice higlight del 2001. Dopo un'intro arpeggiata peraltro molto simile a quella dell'album precedente, l'inno "Thrash 'Till Death" ci dà il benvenuto e...cazzo che botta! Suono pulito, batteria triggerata ma sostenibile e, soprattutto, che riff (copiati da "Angel Of Death, ma chi se ne frega), che canzone! L'album non poteva iniziare in maniera migliore ma poi ecco che il tutto va in frantumi; già il secondo pezzo, "Nailed To The Cross", mostra una pochezza di idee imbarazzante, e se tal brano suscita tanto clamore ed entusiasmo dal vivo è probabilmente a causa della ripetuta frase "nailed to the fuckin' cross" che Schmier ripete con fare sprezzante; converrete con me, è un po' pochino. Gli altri brani proseguono su questa scia claudicante e sbadigliante, con qualche sussulto provocato da "Strangulated Pride" e "Godfather Of Slander", tra i brani migliori del lotto insieme alla già citata "Thrash 'Till Death". Non è che le canzoni facciano schifo, intendiamoci, ma dai Destruction ci si aspetta di più, da una band definita 'leggenda del thrash' ci si aspetta di più! La produzione è a dir poco perfetta, pulita e terremotante, ma se a supporto di composizioni appena sufficienti è inutile e perdipiù dannosa, causando la sindrome dello 'swedish thrash acquisito'. Questo album si colloca dunque decisamente al di fuori dei 'must have' nella discografia della band tedesca, e se consideriamo che nello stesso anno sono usciti anche Kreator e Sodom (ben superiori) si fa presto a tirare le somme... (ah dimenticavo, alla fine dell'album e dopo 55 tracce di silenzio trovate una riproposizione della storica "Curse The Gods", che bello)

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