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NEVERMORE: THIS GODLESS ENDEAVOR

data

24/07/2005
91


Genere: Thrash Metal
Etichetta: Century Media
Anno: 2005

Dopo il controverso, ma comunque consistente “Enemies Of Reality”, la band di Seattle torna a far parlare di sé con questo “This Godless Endeavor”, sesto full lenght di una carriera di tutto rispetto. Due i cambiamenti formali in questo nuovo capitolo targato Nevermore: il primo riguarda la line up, che con l’ingresso di Steve Smyth alla seconda chitarra ritorna a cinque elementi; e poi il come back dietro il mixer di Andy Sneap, produttore di altissimo livello (Exodus, Testament, Kreator, tra i tanti), che proprio con i Nevermore riesce a dare il meglio di sé (basti vedere come ha rivitalizzato il precedente “Enemies Of Reality”, album più che buono, ma dai suoni decisamente troppo freddi). Apre il lavoro la travolgente “Born”, che prende la psichedelica di “Politics Of Ecstasy” e la catapulta in una nuova dimensione ricca di feeling dove a farla da padrone sono le pesantissime ritmiche thrash e un refrain da capogiro, supportato in maniera impeccabile dal riffing di un Loomis ispiratissimo. Non meno devastante “My Acid Words”, un pezzo in pieno stile Nevermore thrash, ricco di accelerazioni, cambi di tempo e ritmiche stoppate, ulteriore testimonianza di come il gruppo statunitense abbia ancora molto da dire. Meno impetuosi, ma non per questo meno importanti pezzi come “Final Product” (primo singolo estratto dal presente lavoro) e “Sentient 6” che rievoca i toni più lugubri del magnifico “Dreaming Neon Black” in una semi ballad plumbea ed ammaliante, territorio ideale per la sofferta interpretazione di un Warrel Dane come sempre impeccabile. E non finisce qui, perché ci sono ancora la dirompente “The Psalm Of Lydia” (con una sezione ritmica scoppiettante) e la camaleontica “A Future Uncertain”, brano articolato e dinamico in cui i Nevermore riescono a fondere atmosfere completamente diverse tra loro, pur mantenendo una certa armonia di fondo, che fa di questo pezzo uno tra i migliori presenti su questo “This Godless Endeavor”. Un discorso a parte lo merita la lunga title track che va a far calare il sipario su questo nuovo lavoro del combo fondato dall’affiatata coppia Dane-Sheppard. Nove minuti ad alta tensione tra rasoiate dolorose inferte dalle due chitarre (qualche richiamo a “Dead Heart”) e tempi meno veloci in cui il biondo singer può impreziosire la sua performance con ritornelli e cori dalle tinte solenni. Del gruppo che negli anni novanta ha saputo reinterpretare il thrash attraverso nuovi sentieri espressivi allora ancora inesplorati, forse questo è l’album meno innovativo, meno sorprendente, quello che più si ancora ai capolavori precedenti. Ma ciò non tragga in inganno, perché non si tratta in effetti di un passo indietro, ma dell’ennesima testimonianza del valore di un gruppo tra i più creativi degli ultimi anni, che con “This Godless Endeavor” pur frenando la vena sperimentale, rafforza ulteriormente la propria posizione dominante in ambito thrash metal. Anche se trattandosi dei Nevermore è sempre riduttivo racchiuderli in un unico genere.

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