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TRIPTYKON: Eparistera Daimones

data

18/03/2010
90


Genere: Doom / Heavy / Black Metal
Etichetta: Prowling Death Records Ltd.
Distro: Century Media
Anno: 2010

Hellhammer, Celtic Frost … e Triptykon: il cerchio è “chiuso”. E come ogni cosa voluta da Tom, anche questa sua nuova creatura è stata curata in ogni minimo dettaglio. L’uscita di 'Eparistera Daimones' (letteralmente “alla mia sinistra, i Demoni”), ha creato subito forti aspettative tra gli accaniti seguaci (e non), della diabolica mente di Fischer. Cinque anni di recording sessions per un disco che, a livello di suoni, è il legittimo successore di 'Monotheist', particolarmente vicino soprattutto a livello di atmosfere, ad un brano come "A Dying God Coming Into Human Flesh" ("In Shrouds Decayed" è maligna quanto basti, per farvi capire cosa intendo). Immaginate quindi gli ultimi Celtic Frost, impregnati di un’ancor più profondo mood maligno e dilatato. Importantissimo valore aggiunto di questo disco, è la capacità di dilaniarci con quante più disparate influenze e sferzate su vari generi. I due estremi potrebbero essere semplicemente rappresentati da "A Thousand Lies" (una fucilata in viso), con un batterista in grande spolvero, tra tecnica e inventiva; e "My Pain", che invece si butta a capofitto su strutture ambient/soft-rock, con Tom e una bellissima voce femminile a fare da corredo ad un già bel pezzo. L’enorme esperienza accumulata dal carismatico singer svizzero, permette di rendere il prodotto finale un lavoro che vuole ridefinire i canoni della musica estrema, riproponendo ciò che è stato scritto in tutti questi anni di musica oscura, in una veste che riesce a toccare più facilmente il lato più tetro dell’animo di chi ascolta. "The Prolonging" sembra proprio voler raggiungere (e ci riesce) questo obiettivo: un mostro di venti minuti, tonnellate di riff in salsa quasi drone/doom (come in "Myopic Empire"), che si disperdono e poi si ritrovano per ricostruire un muro di chitarre epiche. La sezione ritmica di Eparistera è eccezionale, sinceramente non mi aspettavo un lavoro così: le parti di batteria sono curatissime, e ogni strumento, per quanto “minimale” possa risultare nell’insieme, regala comunque un risultato più che soddisfacente. Un disco dall’aria densa, cascate di riff, e improvvisi scenari di pace intersecati con precisione in piogge di arpeggi, e scene buie come la più inaspettata apocalisse.

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