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TROUBLE: SIMPLE MIND CONDITION

data

07/01/2008
75


Genere: Doom / Hard Rock
Etichetta: Escapi Music
Anno: 2007

Negli anni '80 i Trouble sono stati tra gli artefici del suono doom metal più classico e incorruttibile. E sono stati ricordati per le tematiche cristiane. Negli anni 90, mentre la gente si spremeva le meningi sulle fesserie riguardo il white metal, i Trouble sono stati tra i più convincenti della virata (e recupero) hard rock in favore della staticità di un movimento(quello doom) che da una parte si stava ripiegando sui clichè e dall'altra stava per sperimentare nuove contaminazioni e vecchie sonorità psichedeliche, sul quale praticamente è incentrato il capolavoro 'Green Plastic Head', che questo 'Simple Mind Condition' vuole continuare, dopo dodici anni di silenzio, che ora si aprono con le consuete affilatissime chitarrone e quegli strilli che sanno di ancestrale. L'incipit dell'album introduce proprio il nuovo arrivato, il bassista Chuck Robinson, con una parte di basso che trascina l'ascoltatore e lo sbatte contro il brutale muro sonoro di "Goin Home" Dico subito che questo è stato uno dei due migliori come back dell'anno (insieme ai Dinosaur Jr), entrambi candidati ad essere la mia uscita preferita del 2007; ma l'album è stato quasi ignorato, come al solito, e mentre qualcuno si sta ancora rotolando sulla questione dell'etichettatura dei Trouble, questi ultimi fanno un album che potenzialmente può mettere d'accordo tutti gli ascoltatori di musica hard ed heavy, e senza seguire nessuna moda, senza fare scelte popolari o particolarmente orientate verso le nuove generazioni, anzi, l'album del ritorno li riporta su territori più granitici rispetto al 1995, in favore di un suono severo e asciutto. C'è chi potrà abbeverarsi delle sonorità hard rock ottantiane di "Mindbrender" e "Seven", mentre tutti quelli che impazziscono per i grandi e caldi ritmi blues malefici dei primissimi Sabbath, potranno trovarne un saggio in "Pictures Of Life", o ancora, chi vuole solo farsi prendere a schiaffi dalla musica c'è "Trouble Maker" o anche la title track. Eric Wagner però è quasi sempre troppo freddo, e solo l'impianto chitarristico si carica in spalla tutto il gruppo, fatta salva "Arthur Brown's Whiskey Bar", che forse è il pezzo più articolato e completo del lotto, anche sotto l'aspetto ritmico e della varietà della proposta. I testi si fanno più generali ed astratti, e pure la musica sembra prendere una posizione piuttosto conservatrice, dopo tanti anni in prima linea. Un tema ricorrente è quello dell'attaccamento alla Terra, è la terra ciò da cui parte tutto e dove tutto tornerà. Un album naturalistico più che fervente religioso. Velati inni all'attivismo e all'impegno sociale (con l'ambientalismo che fa il suo ingresso anche nei Trouble) sono spezzati da momenti di malinconia e qualche concessione alla ballata, come "After The Rain", uno dei pezzi più coinvolgenti emotivamente, di tutto l'album, insieme ad un altro lento impreziosito da pianoforte, intitolato "The Beginning of Sorrows", che da solo divora il resto dell'album e vale l'acquisto(anche rispetto a tante altre uscite di quest'anno).

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