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KING OF STONED VOL.2

Arriva alla seconda edizione il 'King of Stoned', manifestazione partenopea in cui lo stoner è declinato in tutte le salse. L'unica nota negativa della serata è una questione di tempistica: cinque gruppi sono tanti e iniziare a suonare alle undici meno un quarto rende tutto più difficile, soprattutto perché questi devono adattarsi a piccoli tagli di scaletta, ma in ogni caso almeno due ore e mezza di musica, a occhio e croce, si sono raggiunte. Con senno di poi è una vera e propria abbuffata, imperdibile per gli appassionati di questi suoni dilatati e fumosi. Si parte con i Lee Van Cleef, napoletani di recentissima formazione e ancora abbastanza acerbi, sia nei pezzi che nella loro prestazione sul palco. Struttura classica prevalentemente ciondolante e brevi scosse più ritmate caratterizzano l'ascolto, che si fa più interessante col passare dei minuti, ma nel loro momento migliore, quando si respira una elettrizzante atmosfera da vera e propria jam session, purtroppo il tempo a loro disposizione finisce e bisogna salutare i tre musicisti, che dovrebbero sciogliersi un po' di più nei rapporti con strumenti e pubblico. Il tempo è dalla loro parte, possono darci delle belle soddisfazioni se continuano a coltivare la loro musica. Il secondo atto della fumatissima kermesse è familiare a chi bazzica su queste pagine: si tratta dei Tuna de Tierra, campani anch'essi, che abbiamo avuto il piacere di ospitare sulla compilation dello scorso anno (scaricatela a gratis qui, non è un furto, fatevi del bene). E per questo motivo la curiosità è tanta, una prestazione mediocre sarebbe stata una sconfitta per tutti noi. Così fortunatamente non è stato. Il dischetto di tre tracce del 2015 è un punto di partenza, ma l'arrivo, e cioè i suoi sviluppi attuali, sono già migliori. C'è una influenza blues più marcata in questo gruppo, non sono i soliti pestoni che spaccano tutto, ma la potenza comunque aumenta e l'esclation sarà ancora più netta con il gruppo successivo. In ogni caso dei Tuna de Tierra si fanno apprezzare le sezioni imprevedibili e concitate utilizzate per movimentare il loro sound, cosa che viene resa ancora più dirompente nel pezzo conclusivo, ancora inedito su disco, con riff portante atipico per il genere. È quindi il turno dei Teverts, impegnati pochi giorni fa a supportare i Novembre a Bari. È il gruppo più estremo della serata, specie nel cantato, che con ancor maggiore coesione tra i componenti alza ulteriormente l'asticella di distorsioni riversatesi sul pubblico. Heavy as a fuck, direbbe qualcuno, ma basta guardare le loro facce e immergersi nel loro sudore per capire che ci sanno fare e hanno capito come scrivere brani per farsi ricordare, pur andando a ritmi in parte più vicini al doom. La band elefantiaca della serata, che schiaccia tutto col suo culone pachidermico: è grasso che cola. Le specialità caserecce finiscono, è tempo di lasciare il palco ai Diana Spencer Grave Explosion, pugliesi e prima formazione della serata a distaccarsi dal classico trio composto da chitarrista/cantante, bassista e batterista: lo spazio sul palco diminuisce e si aggiungono due chitarre, un paio di microfoni e il sintetizzatore. Non credo di essere in errore se li definisco come la sorpresa di questo King of Stoned, nonché quelli che forse stoned lo sono per davvero e stupiscono nonostante questo. Lo stacco rispetto ai Teverts è netto. Si viaggia nello spazio tra abbondanti tripponi psych rock, interventi a varie voci dei musicisti che rende tutto molto avvincente, vicino al post rock, meno canonico e essenziale per un festival che avendo gruppi di un solo genere avrebbe potuto annoiare i meno avvezzi a tali sonorità. Teneteli d'occhio e non perdeteli se saranno a sbronzarsi e a fare crociere cosmiche in qualche locale della vostra città. Una boccata d'aria è vitale, l'ossigeno all'interno scarseggia e per farne riserva sufficiente mi perdo l'inizio dei Kayleth. Anche qui ci sono i synth, e benché non siano usati in modo invadente o preponderante rispetto agli altri strumenti, si tratta di una sempre piacevole variazione sul tema, che nella fattispecie è fonte di divagazione di matrice space rock. D'altronde è la formazione più datata, sono ragazzi che suonano insieme da una decina d'anni e i miglioramenti, i lievi raffinamenti avuti di disco in disco si riversano nelle nostre orecchie ed è una goduria. Si poga. È un gruppo che mostra una padronanza del palco davvero ottima e anche dal punto di vista strumentale la compattezza è impressionante. Come una sola entità, accompagnati da lucine psichedeliche, macinano riff su riff, senza alcun segno di cedimento. Come potete vedere non ho fatto foto, sarebbero uscite male, ho preferito ascoltare religiosamente questa perfetta macchina dello stoner che abusava degli astanti. "Tenete viva la scena", dice il cantante dei veneti verso la fine del set. Se continueranno a gravitare attorno a Napoli entità simili, le cose non potranno che migliorare. Hail to the stoned king!

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