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NIGHTWISH + ARCH ENEMY + AMORPHIS

Ogni volta che si muove il carrozzone Nightwish si fa sempre un gran parlare, soprattutto in questi ultimi tempi con l’uscita dalla band di Anette Olzon, che ha dato la sua ottima voce in album quali ‘Dark Passion Play’ ed ‘Imaginaerum’, e l’ingresso della possente ex voce degli After Forever, l’olandese Floor Jansen, che come timbrica si avvicina di più a quella della voce che ha fatto la storia e le fortune della band e che ancora oggi in molti non dimenticano, vale a dire Tarja Turunen. Ma questa non è la sede per creare scomodi, quanto stucchevoli paragoni e competizioni. Quest’anno è stato pubblicato ‘Endless Forms Most Beautiful’, frutto della mente sinfonica della band che risponde al nome di Tuomas Holopainen, e che ha mostrato una compagine che ha ancora ancora tutte le carte in regola per dimostrare che vogliono essere ancora loro i dominatori incontrastati del symphonic metal. Dominio che ancora di più vogliono enfatizzare con il tour che domenica 29 novembre ha fatto tappa all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno, alle porte di Bologna, tornando dopo tre anni in Italia. Un tour orfano di un altro pezzo storico della band finnica come il batterista Jukka Nevalainen, alle prese con importanti flessioni psico-fisiche che non gli hanno permesso di continuare l’avventura con i Nightwish.

I tragici fatti del 13 novembre in qualche maniera si ripercuotono anche qui, con misure di sicurezza un po’ più rigide, ma non così rigide come la temperatura che i fan devono trovarsi di fronte, specialmente quelli che si sono accampati fuori dal palazzetto già dalla sera prima. Inoltre il ritardo dell’apertura dei cancelli non è stato proprio un buon inizio di serata, con la gente che pian piano si innervosiva, ma soprattutto si atrofizzava, e le forze dell’ordine che tardavano ad arrivare per effettuare i controlli, quasi come se fossero affetti da una forma di sadismo nei nostri confronti. Le solite cose organizzate all’italiana.

Tornando alla musica, ci si appresta ad assistere allo show dei Nightwish, i quali vengono preceduti dai connazionali Amorphis, di un’ottima e molto versatile release come ‘Under The Red Cloud’, e dall’aggressività thrash-death degli Arch Enemy, anch’essi alle prese negli ultimi tempi con un cambio al microfono, inserendo tra le loro file l’istrionica, nonché gran pezzo di donna, Alissa White-Gluz. Giusto per dare due begli scossoni prima del main event.

Appena entrati, nemmeno il tempo di renderci conto di quanto pubblico ci fosse e del tipo di allestimento sul palco che alle 19.20 in punto si presentano gli Amorphis, carichi ed energici, pronti a farci ascoltare dal vivo i brani del loro nuovo ‘Under A Red Cloud’. Non sono però sostenuti  adeguatamente dall’impianto audio: volume decisamente troppo basso, nemmeno fosse una musica di sottofondo ad una seduta di meditazione… Dalle prime file abbiamo fatto fatica a capire cosa ci stesse dicendo Tomi Koivusaari, non vogliamo immaginare cosa sia arrivato a chi era in fondo. Nonostante tutto ci hanno trasmesso benissimo la loro grinta e si è creata una bella atmosfera grazie anche alle tastiere di Santeri Kallio, sempre più presenti, elemento caratterizzante tutti i loro ultimi lavori, che si allontanano decisamente dal death delle origini per abbracciare sonorità più melodiche, con svariate contaminazioni folk/epic/doom, mantenendo la tecnica a livelli elevati. Peccato non sia stato inserito in scaletta nessun brano tratto da ‘Tales From The Thousand Lakes’ o da ‘Elegy’, di gran lunga gli album qualitativamente migliori ed ispirati di tutta la loro più che ventennale carriera, ma era anche prevedibile, avendo a disposizione sono tre quarti d’ora e dovendo promuovere il nuovo disco. Nel complesso un’ottima performance che ci lascia con la voglia di ascoltarli ancora, e la prossima volta come headliners, in marzo a Roma.

(Nerina Camilletti)

Setlist AMORPHIS:
Death Of A King
Sacrifice
Hopeless Days
Bad Blood
Sky Is Mine
Silver Bride
The Four Wise Ones
House Of Sleep
 

Scenografie in scala di grigio accompagnano l’esibizione degli Arch Enemy. E appena entra in campo Alissa con quei suoi capelli “shocking blue” ed attaccano con “Yesterday Is Dead And Gone”, tra il pubblico inizia a scatenarsi il tumulto. L’ex voce dei The Agonist è una belva sul palco, così come selvaggio è il suo growl, diverso e meno estremo di quello del suo predecessore Angela Gossow, ma ugualmente impattante. La band tiene bene il palco, con suoni decenti quanto basta per creare il casino in platea. Le chitarre di Michael Amott e Jeff Loomis si alternano a dovere, e la batteria di Daniel Erlandsson tiene un buon ritmo. Alissa destreggia le armi del mestiere con tale sicurezza e con numeri quasi da circo, nonché sfoderando la sua ugola potente in pezzi come “War Eternal” e “Ravenous”. Inoltre interagisce molto col pubblico, lo invita a collaborare ed incitare. In pratica, il palco è suo, e non fa fatica ad affermarlo sventolando in lungo ed in largo sul palco la bandiera con lo stemma degli Arch Enemy, ed enfatizzando la performance dei suoi compagni. Se già il pubblico era irrequieto, lo sarà ancor di più con le ultime due bordate dello show, “No Gods, No Masters” e “Nemesis”, diventando però alla lunga (ma neanche tanto alla lunga...) anche fastidioso nei confronti soprattutto di chi vorrebbe ascoltare la band invece di lasciarsi trasportare nel tumulto generale creato senza qualche valido motivo. Nel complesso una dignitosa prova della band, sicuramente non entusiasmante, ed anche la voce della White-Gluz verso la fine iniziava un pochino a disunirsi. Fatto sta che lei è una donna che sprizza energia da tutte le parti, e la serata di Bologna lo ha fatto ben vedere appieno.

(Raffaele Pisani)

Setlist ARCH ENEMY:
Yesterday Is Dead And Gone
War Eternal
Ravenous
Stolen Life
You Will Know My Name
As The Pages Burn
Under Black Flags We March
Avalanche
No Gods, No Masters
Nemesis

L’attesa si fa fremente a dir poco, e viene accentuata dall’installazione di un grande telo nero sul fronte palco, che serve per la sistemazione dello stage che si preannuncia altamente carico di effetti speciali. Come da programma, alle 21:30 inizia lo spettacolo, con il telo che si abbassa e i componenti tutti belli posizionati e pronti per lo spettacolo. Sull’inizio di “Shudder Before The Beautiful” fa il suo ingresso, infine, Floor Jansen, mandando in estasi il pubblico. Quello che però balza all’occhio, oltre alla presenza solare di Floor e l’importanza dei suoi compagni, è ciò che si presenta dietro ad essi: grandi schermi in cui vengono proiettate immagini ed animazioni ad altissima definizione assolutamente spettacolari, che si sposano perfettamente con la filosofia di Tuomas Holopainen e di tutta la band. I Nightwish sono gasati, il pubblico è gasato. Tutti siamo doppiamente gasati, e dopo “Yours Is An Empty Hope”, parte un classico come “Ever Dream”, con una prestazione vocale della Jansen da brividi (anche se dal fronte palco la sua voce si fa fatica a farsi percepire), che ormai ha fatto suo quel pezzo dandogli con la sua voce, soprattutto nei ritornelli, una spiccata personalità. Il ritornello semplice ma inconfondibile di “Wishmaster” è cantato da tutti, con la band che incita la folla, anche se dal punto di vista acustico la casse della batteria sovrastano un po’ gli altri vari componenti, non dando quella sensazione di maestosità al brano. Si continua lasciando il palco solamente a Marco Hietala, che da uno sgabello invita la folla ad armarsi di smartphone ed accendere le luci, che con gli effetti proiettati sugli schermi, creano l’atmosfera giusta per una versione acustica di “”The Islander”, con la sua personalissima timbrica. Dopo quest’intermezzo si ricomincia a sognare con “Elan”, dove invece sugli scudi ci sono la voce di Floor ed i fiati di Troy Donocley, almeno lui capostipite ufficiale Vaillant. La successiva “Weak Fantasy” invece scatena le teste dei metallari con il suo incedere rabbioso, guidato dalle tastiere di Holopainen e dalle voci sempre al limite della Jansen e di Hietala.

Sfondi blu notte con i tipici animali notturni accompagnano l’evocativa “Seven Days To The Wolves”, prima della bellissima accoppiata “Storytime”-“I Want My Tears Back”, accolta dal pubblico in totale visibilio. Come accolto trionfalmente è l’attacco di tastiera di Holopainen con annessa introduzione vocale della Jansen di “Nemo", altro classico Nightwish, interpretata dalla band in maniera magistrale, con Floor sugli scudi e con una prestazione alla chitarra di Empuu Vuorinen davvero all’altezza. Lo stile apparentemente semplice di Vuorinen si è fatto vedere anche qui a Bologna; le sue linee, quando non sovrastate dai suoni di basso e batteria, hanno creato sinuose atmosfere, e questo ha cercato di fare la band anche nella prepotente e bellissima “Stargazers”, unica traccia qui proposta tratta da quel capolavoro che è ‘Oceanborn’. Dopo un inizio promettente, con le staffilate di tastiera accompagnate dai giochi pirotecnici che spesso e volentieri il palco elargiva nel confronti del pubblico (vale la pena dire, in totale sicurezza), col passare del tempo non si è rivelato poi un episodio convincente (uno dei pochi della serata), complice una resa dei suoni non all’altezza. Flessioni prontamente colmate con versioni da brividi di “Ghost Love Score” e della più recente “Last Ride Of The Day”, con la Jansen all’ennesima potenza.

La parte migliore dello show si rivela, però, alla fin, con una versione, comunque ridotta, della suite dell’ultimo album “The Greatest Show On Earth”, che ha lasciato in molti senza fiato. Un’introduzione ad opera di Holopainen e di Donockley alla chitarra che ha lasciato a bocca aperta il pubblico, a cui è seguita la parte cantata e più metal del pezzo, in cui tutta la band è stata autrice di una performance superba, accompagnata da immagini di paesaggi stupendi, a cui hanno fatto seguito i visi di persone comuni da tutto il mondo, per testimoniare che noi, se non ci facciamo prendere dall’egoismo e dal consumo a tutti i costi, e soprattutto se abbiamo rispetto per l’ambiente che ci accoglie e ci circonda, possiamo essere davvero lo spettacolo più bello sulla Terra.

Con questo auspicio che la band ci offre, dopo quasi due ore di show si conclude un’esibizione positiva, sicuramente tra le più belle viste quest’anno soprattutto dal punto di vista scenografico, e che ha dimostrato che la band ha trovato in Floor Jansen il giusto equilibrio tra la liricità operistica spiccata di Tarja Turunen e la zuccherosità pop-rock di Anette Olzon. Peccato per qualche pezzo in cui i suoni non erano perfettamente bilanciati e con la voce della Jansen che non veniva valorizzata al 100%. Ma quello che non hanno fatto i suoni lo ha ampiamentissimamente fatto la scenografia, da applausi a scena aperta. Colori e sensazioni, fuochi e giochi pirotecnici da tutte le parti; immagini e sogni, tutti ad occhi aperti, per uno spettacolo a 360° che difficilmente si dimenticherà, e che dimostra che il trono del metal sinfonico è ancora saldamente in loro possesso.

(Raffaele Pisani)

Setlist NIGHTWISH:
Shudder Before The Beautiful
Yours Is An Empty Hope
Ever Dream
Wishmaster
My Walden
The Islander (Marco Hietala's solo acoustic)
Elan
Weak Fantasy
Seven Days To The Wolves
Storytime
I Want My Tears Back
Nemo
Stargazers
While Your Lips Are Still Red
Ghost Love Score
Last Ride Of The Day
The Greatest Show On Earth

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