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OVERKILL

Finalmente a Roma! Finalmente Overkill!! Nuovo disco nuovo tour che fa tappa all'Orion, dove sono stati tanti i presenti, attenti a non farsi scappare la prima apparizione della band alle porte della capitale. Incontrare Bobby 'Blitz' Ellsworth all'interno della piccola pizzeria di fronte al locale è segno che la serata sarà da ricordare. Foto di rito ed entriamo nel locale ancora mezzo vuoto per ora. I tedeschi Dying Gorgeous Lies sono appena saliti sul palco e ci intrattengono col loro innocuo thrash, poco interessante e scarico di groove. La bella vocalist non graffia e sembra più adatta ad una delle tante female gothic band che vanno tanto per la maggiore.

Decisamente migliori i partenopei Deflagrator, se non altro per la potenza e l'aggressività sprigionate sul palco. Il loro Speed Thrash evidenzia un ottimo lavoro di basso, un riffing velocissimo ed una voce sanguigna, risultando nell'insieme di grande efficacia. La serata è salita di livello grazie a loro, incrementando l'attesa per i protagonisti della serata.

Alla faccia delle leggende del Thrash, la band di Bobby e D.D. Verni ha sempre mantenuto una propria identità, tirando fuori in trent'anni di carriera sedici full length rispettabilissimi, senza mai preoccuparsi troppo delle deviazioni che il genere prendeva sull'onda dei successi commerciali di Metallica prima e Pantera poi. L'lp 'I Hear Black' ne fù la prova, un disco sabbathiano fino al midollo, in controtendenza con la brillantezza del Black Album e dei riffoni di Dimebag Darrel e soci. Peccato non aver potuto assaporare nulla da quel lavoro stasera. Ad ogni modo, l'intro “XDM” apre le danze, seguita come da copione da “Armorist”, opener dell'ultimo 'White Devil Armory', un disco ottimo, per il quale la band non ha chiesto un centesimo ai fan. Non serve il crowdfunding per scrivere un pezzone come “Bitter Pill” caro Mustaine! Questo gli Overkill lo sanno bene, se consideriamo l'evidente e sincera emozione negli occhi di Bobby di fronte al continuo urlare il nome della band del New Jersey da parte del pubblico.

Il riccioluto frontman porta nel volto i segni del tempo, ma per fortuna la voce continua a graffiare ruvida come non mai sulle nostre orecchie. Dietro di lui invece, D.D. Verni, ormai sempre più uguale ad Al Pacino sembra ancora un ragazzino col suo inconfondibile suono di basso e l'inseparabile gilet di pelle. Il resto della formazione ormai stabile da anni, si muove sciolta tra pezzi vecchi e nuovi, con un buco che riguarda gli album tra il 93 ed il 97. Ma per fortuna non ce ne accorgiamo tanto, soprattutto quando l'accoppiata “Necroshine”-”Horrorscope” ci lascia senza fiato, tanta è la pesantezza dei due brani.

E' quasi l'una di notte e le storiche “Elimination” e “Fuck You” congedano una band fondamentale e mai giustamente apprezzata a fondo in un genere che ormai vive di ricordi, nell'illusoria attesa che i cosiddetti 'grandi nomi' riescano dopo tanti lunghi anni a tirar fuori un disco perlomeno piacevole.

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