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ELECTRIC WIZARD

Quale modo migliore per celebrare la prima serata di post gelo siberiano che ha investito la capitale se non con i satanic dope smokers stoner doomsters Electric Wizard? Calati in terra papale con tanto di croci capovolte a supportare il nuovo parto "Black Mass" (titolo che non necessita commenti) gli inglesi virano verso sonorità più psichedeliche e settantiane (Blue Cheer) rispetto alla passata produzione. Quello che risalta subito agli occhi è il locale pieno zeppo di gente, tanto che anche l'organizzazione stessa ne è rimasta colpita, ma ancora più sorprendente è l'eterogeneità degli intervenuti, ho notato punk, dark, metallari (blacksters, deathsters e classici), gente normale e persino cinquantenni a testimonianza del cult status che gli albionici sono riusciti a raggiungere. Overture migliore non poteva essere, il classico dei classici, "The Chosen Few" tanto per chiarire subito gli intenti, con il suo muro di suono monolitico e incessante fa subito salire le temperatura nel locale tanto che già si vede il levarsi di giacconi e felpe; poi si passa a "Venus In Furs" dove risalta l'uso del vocoder per filtrare la voce e renderla più efficace grazie all'effetto eco (mi ha colpito la timbrica della voce di Jus Oborn, troppo sottile per le sonorità grasse e ribassate della band). "Black Mass" con il suo ritornello ossessivo ti entra in testa e non ti lascia andare; "Satanic Rites Of Drugula" ti avvinghia con i suoi riff circolari in una spirale di trance indotta. Rispetto al live dello scorso maggio (Stoned Hand Of Doom) la band ha fatto maggiore ricorso ad assoli psichedelici anziche i classici riff doom; la coesione della band non necessita commenti, così tra altri brani vecchi e nuovi l'ora abbondante di live set termina. Il suono era perfetto, anche se per apprezzare queste sonorità sarebbe stato necessario un volume più alto e più potente, ma almeno per una volta siamo tornati a casa senza che le orecchie ci ronzavano. Citazione d'obbligo per la lady del doom che ha calamitato l'attenzione non solo per la sua bellezza, ma anche per la lunghezza e la tenuta della chioma. Curiosità: il bassista (tatuatore di professione) era ancora più tatuato di quanto traspare dalle foto, tanto che era difficile scorgerne il volto una volta sul palco.

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