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XXI AGGLUTINATION METAL FESTIVAL (Parte I)

Agglutination, edizione numero ventuno. Cosa aggiungere a quanto già detto in altri contesti sulla commovente caparbietà di Gerardo Cafaro nel far crescere la sua creatura, sul mai troppo lodato intento di amalgamare generi tanto diversi e anche sulla pigrizia di molti metallari locali? Poco effettivamente, e tutto ciò sarà confermato nel prosieguo del report. Chi c'è stato sa che non è solo una questione di musica, è l'evento metal per eccellenza del Sud Italia ed è sempre l'occasione di incontrare persone che si vedono una o due volte l'anno. I ragazzi del gruppo di Basilicata Metal, amici lontani e anche quest'anno chi scrive ha conosciuto di persona un altro tassello della redazione di HS, e cioé il cordialissimo Ruggiero. Ma bando alla ciance: c'è da fare la cronaca di una bellissima giornata di metal. 

Arriviamo al campo sportivo di Chiaromonte, tranquillo paesino della provincia di Potenza, circondati da nubi davvero poco rassicuranti. Inoltre brutte notizie arrivano dal gruppo di apertura: i tunisini Carthagods danno forfait a causa di problemi burocratici per l'ingresso in Italia. Facciamo tutti gli scongiuri possibili e in effetti i Feline Melinda iniziano bene, con un power heavy metal melodico, acqua e sapone, che riscalda discretamente gli animi. I musicisti sono ottimamente preparati, partono con pezzi abbastanza diretti e riusciti, su tutti la coinvolgente "Angel Eyes". La cover di Bon Jovi fa naufragare le buone intenzioni del cantante, che ci parla anche del messaggio positivo di "It's My Life". Molto bravo il chitarrista solista, ma potrebbe essere più reattivo verso il pubblico, invece che fissare solo il proprio strumento.

Si continua su registri classici (e forse l'unico difetto di questa edizione è aver alternato meno che in passato) con gli Arthemis, band che tutti associano a Andy Martongelli. Non lo diciamo noi, ma il pubblico che si assiepa fitto sotto la sua postazione. Ed effettivamente la sua chitarra fa il bello e il cattivo tempo (anche in senso letterale: inizia a piovere), forse la distorsione non rende giustizia a tutti i passaggi tecnici, ma il gruppo è iper collaudato, il cantante Fabio riesce a caricare i molti che sfidano le intemperie coinvolgendoli e scherzando con loro, non dimenticando qualche frecciata a coloro che dimenticano di essere a un concerto metal e si riparano in modo pavido sotto gli stand. Ci sono persone venute anche per loro e i numerosi ritornelli cantati a squarciagola da alcuni lo prova. In definitiva l'esperienza è molto significativa e grazie alla pioggia il legame è più forte: il power/thrash degli Arthemis è lanciatissimo e non lascia indifferenti.

 

Le nuvole si placano e i Forgotten Tomb prendono posto sul palco. Se qualche dio aveva pensato di rompere le uova nel paniere, i lugubri figuri capitanati dal sempre cappelluto Herr Morbid fanno capire chi è il vero lord of this world. Memori della loro comparsa dell'edizione del 2009, non possiamo che constatare che i brividi sono stati tanti, oggi come allora. Quel gusto nel fondere doom e black fa sempre il suo effetto e anche una "Soulless Upheval", che su disco non ci aveva detto molto, ora fa la sua bella figura nella sua devozione quasi totale al black. La tensione che si respira è davvero incredibile, con picchi assoluti negli arpeggi di chitarra. I brani sono morbosi (e non poteva essere altrimenti se il frontman si chiama in quel modo!) e la chiusura di Disheartenment ci fa talmente rabbrividire che per un istante abbiamo pensato che fosse arrivato il carro funebre per ritirare qualche cadavere. Come quello del sottoscritto, ad esempio.

Se con i FT si esplorano le nefandezze dell'anima, i Necrodeath ci ricordano che la violenza è anche e soprattutto fisica. I signori del thrash/black nostrano sono di ritorno sul palco lucano dopo ben dieci anni e dimostrano che l'età non conta assolutamente niente. Flegias sembra una demoniaca versione di Gollum e la sua gestualità è oramai un marchio di fabbrica, così come le urla lancinanti. Qualche parola su quello che è uno dei migliori batteristi di metal estremo in questo momento? Oppure sulla tecnica e la precisione assoluta di Pier Gonella? No, meglio sottolineare che i brani nuovi funzionano alla perfezione e si incastrano con i classici come "The Flag of Inverted Cross" (dal primo album) e soprattutto che l'accoglienza riservata al gruppo è davvero degna degli headliner. Un successo che gronda sangue, come deve essere. 

Fino ad ora una sfilza di gruppi nostrani (ricordiamolo, solo a causa della defezione dei Carthagods) che hanno mantenuto  alto l'onore e il livello qualitativo del fest. Per visionare la seconda parte del report, basta cliccare qui.

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