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METALDAYS

Dei tanti festival metal in giro per Europa, esclusa l'Italia ovviamente, ce n'è uno ben riconoscibile e fuori dagli standard rispetto agli altri. Se vi trovate a camminare tra ragazzi in costume che gironzolano con una birra in mano, un cocomero a mò di elmo ed un lettino da mare gonfiabile sotto al braccio, capisci subito dove sei. Sei a Tolmin, al Metalcamp, ormai Metal Days, senza dubbio il più bello e godibile sotto molti aspetti, dove potresti anche rimanerci per due settimane, una volta piazzata la tenda sotto l'ombra del rigoglioso bosco che avvolge il festival e i suoi numerosi partecipanti. Merito soprattutto del meraviglioso fiume azzurro che costeggia l'area e ci permette di rinfrescarci alla grande quando ci immergiamo nella la sua acqua gelida e cristallina. Come bill non siamo ai livelli del Wacken o dell'Hellfest ci mancherebbe, ma chissenefrega diremmo, considerando il vantaggio di godere a pieno di un festival molto meno dispersivo proprio grazie alla non eccessiva enormità dell'evento. Il main stage è comunque grande e grazie alla collinetta che si erge alla sua destra, permette una comoda visibilità a chi non vuole spaccarsi sotto al palco. Nei pressi del second stage invece, lo spettacolo diventa quasi intimo e suggestivo grazie agli alberi che gli fanno da cornice, permettendoci di godere al meglio delle band che si sono esibite nell'arco di una settimana che, per tutto quello che abbiamo detto, stage di cd, vinili e t-shirt compresi, potremmo considerare effettivamente una vacanza.

E se Tolmin offre tutto questo a livello di location, anche le band che quest'anno hanno messo piede sui due palchi non erano da meno, attirando migliaia di metalheads. Dall'estremo (Carcass, Cannibal Corpse e Behemoth), al classico (Saxon, Anvil e Accept), passando per l'eterogeneità di Dream Theater, Devin Townsend e Queensyche, fino al culto vero di gentaccia come Vehrmacht, Internal Bleeding e soprattutto Pungent Stench. E poi ancora tanto altro con Moonspell, Cattle Decapitation, Hatebreed, Death Angel, Arch Enemy, Obscura e tantissimi altri.

La nostra presenza si è limitata ad un solo giorno, il secondo per l'esattezza, forse quello più ricco sotto alcuni punti di vista, nel quale è stato davvero difficile riuscire a dividerci tra main e second stage. Tanto per chiarire, Moonspell e Dream Theater, causa cambio di programma hanno quasi suonato contemporaneamente, così come è stato nel finale, quando da una parte c'erano George 'Corpsegrinder' Fisher e compagnia cannibale e sull'altro palco la leggenda Pungent Stench. Non si fa così! Dividerci in due materialmente sarebbe stato più che dovuto se si è cresciuti, come il sottoscritto, ascoltando il death metal della prima metà dei 90. Comunque non anticipiamo il finale e partiamo dall'inizio, che per noi erano le 18, l'orario in cui Zakk Wylde con i sui Black Label Society salgono sul palco scaricandoci addosso tutta la loro potenza. La prima parte dello spettacolo è all'insegna della pura energia, con “Suicide Messiah” cantata a gran voce da tutti; poi un assolo tamarro, o coatto da morire (scegliete voi), che divide in due lo show, in concomitanza con l'inizio del tramonto, atmosfera perfetta per permettere a Zakk di sedersi alla tastiera, far scendere sopra i Marshall valvolari due grandi foto di Dimebag Darrell per dedicargli “In This River”.

Finita la performance dell'ex figliol prodigo di Ozzy, arriva la prima incazzatura quando Moonspell e Dream Theater iniziano a suonare con pochi minuti di differenza. Decidiamo di partire con Petrucci e company, incuriositi da quale sia l'approccio della prog band in un contesto così heavy. L'inizio è molto blando con Afterlife che sinceramente non lascia il segno. E allora meglio andare subito sul sicuro con Metropolis e ovviamente cambia tutto. LaBrie fatica a scaldare la voce, ci mette almeno una ventina di minuti, ma poi, senza voler essere troppo cattivi, tutto sommato riesce a dimostrare di poter ancora sostenere i pezzi dal vivo quasi come su disco. La scelta della band è di suonare un pezzo da ogni album, con tanto di video che unisce insieme tutte le copertine dei loro lavori ripercorrendone la carriera. I suoni sono perfetti e la band rimane colpita dall'ottima accoglienza, promettendo il ritorno in un posto così bello, dice LaBrie. La prova a livello di impatto è un po statica, i cinque restano praticamente immobili, concentrati nell'esecuzione delle loro intricate trame sonore. La parte centrale dello show è quella più in sintonia con l'evento. Il tris “As I Am”-”Panic Attack”-”Constant Motion” alza di parecchio i livelli di pesantezza, ed era ora.

A questo punto possiamo spostarci nel second stage dove i Moonspell in realtà avevano anticipato l'inizio. Risultato, concerto praticamente concluso. L'unico ricordo sarà la meravigliosa “Fullmoon Madness” che da sola varrebbe l'intero concerto. Meglio di niente comincio a dire a me stesso per evitare di incazzarmi troppo. In realtà le bestemmie sono uscite tonanti, riempendo l'aria slovena di misericordia e carità cristiana.

Torniamo al palco grande, guadagniamo la prima fila perchè i Cannibal Corpse vanno subiti dritti in faccia, senza possibilità di sfuggire ai riff monolitici del duo Barret-O'Brien. Cosa dire di loro che non si sia già detto? Nulla. Sono i signori del Death Metal e basta si sia già detto? Nulla. Sono i signori del Death Metal e basta.

Salgono sul palco davanti ad almeno diecimila persone come stessero in sala prove. Accordano gli strumenti e partono a testa bassa con “Scourge Of Iron”, facendo tremare la terra sotto i nostri piedi. A seguire “Evisceration Plague”, “Stripped, Raped and Strangled” e tutti i capolavoro del loro repertorio, che sono tanti, e continuano ad aumentare. “Kill Or Become” è solo l'ultima perla insanguinata da aggiungere a “The Wretched Spawn”, “I Cum Blood” e “Devoured By Vermin”. Stavolta è davvero difficile abbandonare la sbarra ma il richiamo dei Pungent Stench e forte. Di corsa verso il second stage per riuscire a respirare almeno per qualche minuto l'aria nauseante e fetida dei folli austriaci. Pochi minuti appena, che valgono comunque tanto, tanto chi li conosce non necessità di sapere cosa o come stessero suonando. Sono quasi le 2 di notte ed il tempo di risalire in macchina per il lungo viaggio di ritorno è giunto. La soddisfazione di aver passato una splendida giornata ci accompagna ed è questo ciò che conta di più!

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