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MANILLA ROAD: METAL

data

14/03/2005
75


Genere: Epic Metal
Etichetta: Black Dragon
Anno: 1982

I Manilla Road rappresentano per molti la vera essenza dell'epic metal, e senza dubbio ne sono, insieme a Cirith Ungol e Heavy Load, gli indiscutibili padri fondatori. Per quanto ufficialmente (e anche musicalmente) la loro stagione epic inizia soltanto con il successivo "Crystal Logic", già in questo disco è possibile rintracciare non solo semi, ma anche piccole gemme già sbocciate. La creatura di Mark Shelton in questa sua incarnazione può essere vista come una sorta di versione da cantina degli storici Rainbow, con riff ancora essenzialmente rockeggianti e un basso tipicamente settantiano a fianco dei primi slanci epici, spesso più concentrati nelle liriche che nella musica. Il disco soffre innanzitutto di una registrazione di livello infimo, e spesso sembra di ascoltare una oneman band, visto l'assoluto predominio di Mark Shelton e del suo sfolgorante chitarrismo, e soprattutto della sua inimitabile voce stavolta molto recitativa e partecipe! Altro problema è il livello medio del songwriting, terribilmente incostante e troppo legato ai vecchi schemi rock del precedente, mediocre, "Invasion": credo che anche il fan più sfegatato dei Manilla Road abbia strabuzzato gli occhi ascoltando l'apertura quasi ridicola di "Enter The Warrior", sicuramente la canzone più brutta del lavoro. Brani rockeggianti come "Out Of Control With Rock And Roll", "Defender" o la quasi-epica "Far Side Of The Sun" sono invece più gradevoli, ma certo molto lontani dagli standard qualitativi a cui i Manilla Road arriveranno negli anni a venire... Per la prima vera sorpresa del disco bisogna infatti aspettare la terza traccia, l'ormai celebre "Queen Of The Black Coast", un favoloso ibrido tra il metallo motociclistico dei Saxon e le suggestioni dei primissimi Heavy Load, con un chorus che non esito a definire storico. Le cose vanno di bene in meglio quando si passa a "Metal", che a dispetto del titolo è una lunga power ballad molto debitrice all'indimenticabile "Stargazer" degli già citati Rainbow (sì, una vera musa ispiratrice!) in cui Shelton mostra le sue fenomenali doti vocali con un'interpretazione sentita, un crescendo che esplode con "to all brothers... who raise their swords and ride to Valhalla!", versi destinati a fare storia con cui si apre una lunga parte strumentale di possenti riff distorti. Ma il vero capolavoro del disco è la lunga suite "Cage Of Mirrors". Difficile non rimanere rapiti dal suo ipnotico arpeggio iniziale, in cui la voce di Shelton non cessa mai di sorprendere, e dai suoi poderosi assalti all'arma bianca, probabilmente i primi veri momenti "Manilla Road" della storia della band, in cui trapelano le spettrali apparizioni di "The Deluge" e "Open The Gates". Basti dire che nella media dei voti delle canzoni, soltanto questa basterebbe a far balzare il disco alla sufficienza, anche se il resto fosse composto da cover di Gigi D'Alessio. Insomma, "Metal" è storicamente fondamentale anche se relativamente trascurabile all'interno della discografia della band secondo criteri puramente estetici. Poi certo, se c'è la passione, vi ritroverete a non dormire la notte per ascoltare tre volte di fila "Cage Of Mirrors", ma questo è un altro discorso...

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