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ALICE COOPER

Il lungo viaggio verso Sesto Fiorentino inizia verso le due del pomeriggio, con tre cambi di treno fino al paese toscano. La prima persona che incontro una volta uscito dalla stazione è ovviamente un mio concittadino, arrivato comodamente in macchina con moglie ed un amico. Faccio i conti: tre persone e un frigo da viaggio, la quarta ci sarebbe stata. Il che avrebbe significato spendere la metà ed impiegare la metà del tempo, ma ormai è fatta. Troviamo il posto, a circa due kilometri e mezzo dalla stazione: una viuzza laterale con muri in pietra che corrono da entrambi i lati fino ad un incrocio, nulla più che uno stretto spiazzo davanti ad una cancellata dove inizia già a raggrupparsi il pubblico. Decidiamo che c’è ancora tempo ed andiamo a berci qualcosa insieme, salvo tornare all’orario d’apertura e trovare che, come da programma, i cancelli sono ancora chiusi. Gli astanti, in attesa dell’apertura, cominciano ad essere numerosi, anche se non tanto quanto mi sarei aspettato. Il numero di presenti non eccessivo è anche positivo, considerato che siamo in mezzo alla strada; secondaria, certo, ma sempre strada, con tanto di macchine che ovviamente tentano di passare, e se si fosse di più dubito fortemente che potrebbero anche solo pensare di riuscire nella traversata dell’incrocio. Ad un certo punto, il panico: a voler passare è un autobus! Dopo dieci minuti buoni realizzo che l’autobus è ancora fermo lì, non ha ancora travolto nessuno, e… ma che diavolo… Calico Cooper? IL PUBBLICO STA BLOCCANDO ALICE COOPER FUORI DALLA ZONA CONCERTI, E NEMMENO SE NE E’ ACCORTO! A questo punto i primi che iniziano a rendersi conto della situazione salutano fanno largo, seguiti dagli altri. Strano, penso, nessuno che prova anche solo a chiedere un autografo… stiamo diventando davvero civili… Ok, a breve (si spera) apriranno. E così avviene, di lì a pochi minuti, permettendoci finalmente di entrare nello splendido parco di Villa Solaria, dove abbiamo la gradita sorpresa di notare che, complice la pendenza del terreno che scende verso il palco, anche stando dietro si potrà godere di una buona visuale. Ottimo. Il tempo passa tra goliardiche chiacchierate e bevute, ed intanto ci chiediamo che fine abbia fatto il gruppo spalla. Quando l’intero palco viene coperto da un telo che riporta la scritta “Alice Cooper”, il sospetto che il gruppo spalla sia rimasto a casa divengono abbastanza concreti. Sigla, quindi, ed ecco apparire sul telo, proiettata da un faro posto dietro il palco, l’ombra di Alice. Alza il bastone, e… un’altra ombra di Alice la trafigge con la sciabola. Calico e suo padre iniziano il teatro del grottesco e dell’orrore che caratterizza gli show di mr. Cooper, e subito si attacca con “It’s Hot Onight”, “No More Mr. Nice Guy” ed il boato di “Under My Wheels”. La band è scatenata, il pubblico entusiasta, ed Alice, per quanto si noti un po’ di pancetta ed il peso degli anni, è ancora in forma smagliante, un mattatore d’eccezione per uno spettacolo perverso e coinvolgente (o sconvolgente?). Un tocco di malinconia con “Eighteen”, poi è la volta della “fase recente” con “Woman Of Mass Destruction” e “Lost In America”. Ma è solo una parentesi, perché la scaletta della serata è dedicata agli anni ’70: “Be My Lover” riporta tutti indietro nel tempo, e mentre Alice continua il suo show si passa a “Raped And Freezing”. Calico e suo padre imperversano con le loro scenette fatte di morte e mostri, di ironia cruda, mentre Keri Kelli e Jason Hook corrono avanti e indietro incitando il pubblico. Chuck Garric, al basso, sembra un invasato, ed Eric Singer oggi è più terremoto che mai. Una serata d’eccezione, un grande spettacolo. Cinque date in tutta Europa, signori miei, per questo “Psycho Drama Tour”. E quando mi guardo attorno, e mi allontano un po’ per avere la possibilità di una visuale d’insieme, mi rendo conto che siamo davvero in pochi. Sono sempre stato abbastanza negato per questo genere di valutazioni, ma ad occhio e croce direi che non raggiungiamo le duemila unità: sorprendente, per un tour del genere. Capisco anche che il posto non fosse comodissimo da raggiungere, soprattutto di lunedì, ma per la miseria mi aspettavo almeno il doppio dei presenti! Nonostante ciò, l’atmosfera è bollente. Alice lancia il bastone tre volte, e tre fortunati se lo porteranno a casa a fine serata; quando poi tocca ai dollari di “Billion Dollar Babies”, verso la fine, è un vero putiferio: la gente si accalca e spintona per portarsi a casa un pezzetto di carta verde con la faccia di Alice Cooper. Ed è giusto che sia così, perché questo è uno di quei mostri sacri che hanno indelebilmente segnato la storia del Rock, dell’Hard Rock e dell’Heavy Metal. “Public Enema #9”, “Long Way To Go” e la splendida “Desperado” si susseguono portando a “Muscle Of Love” ed “Halo Of Flies”. Poi, la pausa. Ci si chiede cosa stia per arrivare dopo che Alice è uscito trascinando il “cadavere” di sua figlia vestita da cinesina, ed ecco che il pubblico esplode di nuovo per “Welcome To My Nightmare”. In un malato medley, questa sfuma in “Cold Ethyl”; a questo punto, accendini e tutto ciò che serve per il lentone per eccellenza: “Only Women Bleed”, che diviene parte di un nuovo, folle teatro alla Alice. Calico in veste nuziale stracciata porta la culla nera, poi Alice canterà, al microfono della culla (a proposito, qui c’è stato qualche problemino con l’impianto, ma personalmente credo che questo imprevisto abbia solo reso ancora più “vivo” lo spettacolo), una terrificante “Steven”. Brividi, freddi bridi mentre la gente si sgola cantando. Infine la piccola Betty viene impalata (sì, tanto di paletto di frassino e martello) e si continua a sgolarsi con “Dead Babies”. Qui Alice prende anche una mezza stecca, ma a quasi sessant’anni e con una presenza scenica del genere, direi che glie la si può tranquillamente perdonare… “Ballad Of Dwight Frye”, dopodichè si riparte con la sequenza “Devil’s Food”/”Killer”/”I Love The Dead”. E’ in questa sequenza che Alice normalmente sfodera la famosissima ghigliottina, se non che questa sera si esagera, ed ecco comparire al suo posto, alto quanto tutto il palco, un nero ed imponente patibolo. Niente decapitazioni, stasera Alice si fa impiccare! Si rientra in scena sulla campanella di “School’s Out”, dopodichè finto finale. A riaprire lo show è un devastante assolo di batteria, cui partecipano, ai lati delle ritmiche, i chitarristi con un rullante a testa. Assolo di batteria a tre. Qualche minuto di terremoto, poi è il momento di “Billion Dollar Babies”; un salto in avanti nel tempo sulle note di “Poison”; infine, la vera chiusura: “Elected”. Festa grande, pubblico in delirio, cori a squarciagola, “the new President of Italy: Alice Cooper!” Saluti, inchini, bacchette e plettri a volontà: lo “Psycho Drama Tour” prosegue verso la prossima data; nel frattempo, il soddisfatto pubblico toscano si avvia stancamente verso casa. Perso l’ultimo treno, mi avvio stancamente verso la stazione: sarò a casa verso l’una del pomeriggio, ventitrè ore dopo la partenza. Ma per la miseria, ne sarà valsa la pena!

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