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DANISH DYNAMITE TOUR

La scena metal scandinava ha acquisito sempre più importanza negli ultimi anni, grazie a realtà di prim’ordine uscite da paesi come Svezia e Finlandia. Anche la Danimarca ha cominciato a fare la voce grossa in campo heavy, ed ecco pronto il Danish Dynamite Tour, pacchetto itinerante che vede la presenza di tre delle band più valide presenti nella ‘sorellina minore’ della blasonata Svezia. Hatesphere, Raunchy e Volbeat sono tra l’altro state premiate ripetutamente ai Danish Awards. Per le date italiane di Brunico e Roncade era prevista inoltre la presenza in veste di opener dei nostrani Slowmotion Apocalypse. Appunto, era prevista e c’è stata, peccato che mi sia clamorosamente perso il tutto. Appena entrato nel locale uno sconsolato ma sempre positivo Albi, frontman degli SLOWMOTION APOCALYPSE mi dice che la band ha iniziato il set alle 20 e 40 davanti a pochissime persone (che poi non aumenteranno granchè; la stima finale sarà piuttosto bassa, anche durante gli headliner). Non ho dubbi comunque che la band friulana sia riuscita a tener testa al loro nome con il suo esplosivo mix di thrash, death scandinavo e hardcore, come sentito su disco. Ed eccoci alla vera sorpresa della serata, i VOLBEAT. Non conoscevo minimamente la band, autrice di un bizzarro metal rock che prende spunto sia dai lati più heavy della musica che dal rock più sanguigno figlio di Elvis, e devo ammettere che il quartetto nordico mi ha davvero entusiasmato. La miscela dei nostri sa essere al tempo stesso estremamente pesante e melodica, merito di riff eccellenti e soprattutto del vocalist Michael Poulsen dall’ugola potente, cristallina e ‘piena’. Un mix che fa saltare e cantare grazie a brani quali “Caroline Leaving”, “Rebel Monster”, “Say Your Number” e la presleyiana “Soulweeper” dedicata a tutte le ragazze, tratte dal full length “The Strength / The Sound / The Songs”, platter che consiglio vivamente a tutti di procurarsi. Se i Volbeat hanno vinto un paio di Danish Awards solo quest’anno ci sarà pure un motivo… Era molta la mia curiosità di vedere on stage i RAUNCHY, band a volte fin troppo vicina ai Soilwork (certi passaggi dell’ultimo “Death Pop Romance” sfiorano il plagio”) ma che sa essere dannatamente convincente e che ha saputo costruirsi un seguito fedele grazie a tre dischi di buonissima fattura. Ad aprire le danze è la splendida “This Legend Forever”: suoni ben bilanciati ed una presenza scenica scatenata soprattutto del singer Kasper hanno fatto muovere tutte le teste sotto il palco, anche per merito di una setlist che ha pescato solo il meglio della produzione Raunchy. Le veloci “9-5”, “Join The Scene” e “The Curse Of Bravery” si sono alternati a pezzi più keyboard oriented e di ampio respiro (“Phantoms”, “Remembrance”), lasciando soddisfatti sia l’audience che la band. Unica pecca, la mancanza di una qualsiasi sorta di backing vocals si è fatta sentire vista l’impossibilità materiale di Kasper di cantare tutte le linee vocali, soprattutto nei cori. Ma poco importa; se fossi nei Soilwork comincerei a preoccuparmi. RAUNCHY setlist This Legend Forever Join The Scene Remembrance Watch Out Live The Myth Drive 9-5 Confusion Bay The Curse Of Bravery Phantoms Giungiamo finalmente agli headliner HATESPHERE, per la quarta volta al New Age in pochi anni; i cinque thrasher sono accolti con affetto e si dimostrano anche sul palco persone simpatiche, alla mano e tutt’altro che afflitte dalla sindrome da rock star (durante i concerti delle altre band si sono visti spesso sotto il palco a incitare i compatrioti). “Insanity Arise", gioiello dimenticato da “Bloodred Hatred”, apre le danze e si capisce subito che sarà un concerto di alta caratura. Il frontman Jacob guida la performance dei nostri con carisma ed esperienza, e nonostante i brani degli Hatesphere si assomiglino un po’ tutti l’entusiasmo resta alto per l’intera durata della setlist, che ha compreso alcuni dei classici ormai capisaldi per la produzione Hatesphere come “Hate”, “Death Trip”, “500 Dead People” e la splendida conclusione di “Sickness Within”. Gli Hatepshere sono la dimostrazione palpabile di come la costanza, la coerenza e la determinazione portino a risultati concreti; Bredhal e soci stanno solamente raccogliendo i frutti della violenza sonora seminata negli ultimi sei anni, e speriamo che la cosa duri a lungo. HATESPHERE setlist Insanity Arise Last Cut, Last Head Death Trip Reaper Of Life Hate The White Fever Murderous Intent The Coming Of Chaos Only The Strongest 500 Dead People Bloodsoil Lowlife Vendetta Seeds Of Shame The Fallen Shall Rise In A River Of Blood Sickness Within

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