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LENTO

La vera anima dei postcorers Lento è quella che trasuda dai concerti, poichè la registrazione dei loro cd è volutamente sporca, privilegia di più l’aspetto ambient e non riesce a trasporre su disco ciò di cui sono capaci dal vivo; il lato ambiente, on stage, diventa un aspetto pressoché marginale in quanto la devastazione derivante dai suoni ipersaturi, ribassati e dalla netta dilatazione dei brani originali non lascia spazio a commenti, ma solo all’annichilimento sonico. Con tanta nebbia ad ammantare le sporadiche luci che creano un'atmosfera spettrale, il set si apre con "Icon" tratto dal nuovo cd omonimo opportunamente dilatato fino a farlo durare quasi 10 minuti, ha mostrato la nuova via intrapresa dai romani che hanno incorporato deviazioni verso suoni più death/sludge/industrial con un intro di batteria sincopata che ha spiazzato tutte le aspettative del pubblico intervenuto; leggevo marcatamente l’ìncredulità sui volti di chi mi stava vicino. "Earth" tratto dal disco d’esordio vira verso territori più doom di estrazione settantiana sempre mantenendo un sound pesantissimo, "Need" e "Hadrons" hanno fatto la felicità di chi li conosce da vecchia data in quanto anche questi sono estratti dal disco d’esordio. "Hymn" si discosta dagli altri brani per la sua maggiore versatilità in termini di strutture più complesse e variate (lento/veloce). Il setting dei suoni è stato accuratamente gestito per dare il giusto risalto ad ogni strumento ed evitare che qualcuno di questi avesse il sopravvento in termini di volume; a proposito di quest’ultimo, considerato il genere proposto, era perfetto nonostante fosse alto, senza mai raggiungere l’insopportabilità o la saturazione. Un must per gli amanti del postcore e della band stessa. Seguono gli headliner The Secret, forti di contratto con Southern Lord e con tanto di caprone alle loro spalle quale logo dell’ultimo cd; dopo un mantrico intro di crushing doom rallentato con voce alla Max Cavalera, piazzano una batteria in tumpa tumpa di chiarissima reminiscenza thrash e suoni di chitarre Death’n Roll alla Entombed medio periodo. La pecca di questa band è quella di marciare a ritmi sempre uguali, con strutture marcatamente death’n roll e voce urlata, tendendo a standardizzare i brani e a far salire una certa ripetitività di soluzioni con conseguente abbassamento della soglia di attenzione; mentre sono piaciuti i rallentamenti dove si evidenzia la loro anima doom.

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