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MAYHEM

Mayhem in Italia. Set list: ‘De Mysteriis Dom Sathanas’ suonato integralmente. Come la moda del momento, si propone un concerto basato sull’intera esecuzione di un album storico e fondamentale per la band e non solo. Più che probabile che si tratti del modo più semplice di fare cassa, in tempi in cui anche gruppi importanti e con un discreto seguito faticano a vendere dischi. Ma sinceramente, complice forse la nostalgia di quegli anni, un periodo personale in cui mi fa più piacere ascoltare e riascoltare i dischi che mi hanno avvicinato alla musica metal ed estrema piuttosto che conoscere nuove band, l’irrealizzabile e malinconico desiderio di tornare indietro nel tempo, per me queste occasioni cadono a fagiolo. Provo una strana emozione già entrando nel Live Club di Trezzo che ospita l’evento. La scenografia è cupa, semplice, lineare, così come doveva essere, così come me l’aspettavo. Il locale è pieno. Fra i presenti i miei coetanei e anche i più grandi si apprestano a rivivere e ricordare. I molti ragazzetti invece, giovani ed entusiasti, che quando fu pubblicato l’album nemmeno erano nati, sono tutti in fibrillazione. Mi fanno tenerezza loro che forse non potranno mai capire realmente il senso di questo album, loro che sono arrivati quando tutto è già stato scritto, detto, fatto. Loro che non hanno vissuto in prima persona cambiamenti eclatanti perché negli ultimi vent’anni semplicemente non ce ne sono stati. Però anche io sono stata dalla loro parte, dalla parte di chi non c’era ancora nel momento di un cambiamento epocale, come quando ho assistito sognante ad un concerto dei Pink Floyd per esempio. E quindi osservandoli mi trasmettono gioia: è bello vedere come la musica che amo continui ad attrarre nuove leve ognuna delle quali poi troverà la sua strada, il suo percorso fra le note e a volte lo rinnegherà, a volte tornerà indietro sui propri passi ma lo accompagnerà comunque sempre. Pochi fronzoli e un po’ di fumo a creare l’atmosfera e ad introdurre “Funeral Fog”. Un piccolo brivido nel vedere la band vestita e truccata salire sul palco. Poi di colpo per me spariscono tutti. Tutti tranne il mio amico Giorgio (Papaleo), compagno di tanti concerti. Lui rimane perché è quello che mi ha fatto conoscere questo genere e me ne ha trasmesso la passione, regalandomi cassette, passandomi articoli e riviste da leggere quando i soldi erano pochi pochi e si cercava di coprire quante più uscite possibili scambiandoci informazioni e musica fra noi amici. I rantoli di Attila mi proiettano di colpo in un pomeriggio di un giorno qualsiasi in cui seduta su una panchina della piazza Giorgio mi disse: “senti che figata” ed io presa una cuffietta del walkman ascolto un po’ e poi rispondo: “ma che è sto casino, non si capisce niente!”. Però poi quel casino mi è piaciuto e ho continuato ad ascoltarlo, soprattutto lo ricercavo dal vivo. Quel casino è diventato emozione, rabbia, carica. E in fondo un po’ è legato a me dal destino, che mi ha dato per nome un colore, il colore nero. Mentre uno dietro l’altro si susseguono gli otto pezzi impeccabilmente ed esattamente come nel disco, non c’è pogo per me. Stasera ascolto, ricordo, tiro qualche somma e mi accorgo che non ho capito ancora dove andrò e che fine farò, ma alcune note suoneranno sempre nella mia vita. E’ con questa sensazione di felicità malinconica che arrivo al momento in cui si riaccendono le luci e torno al presente, così di botto, senza nemmeno il tempo di rendermene conto e salutare i ricordi che tornano a nascondersi in qualche anfratto della mente lasciandomi a una realtà che non è proprio quella che desideravo e immaginavo quando sulla panchina della piazza di Ciampino ascoltai per la prima volta “De Mysteriis Dom Sathanas” e pensai che era un’accozzaglia di rantoli di sottofondo a una batteria molto rumorosa.

Nerina Camilletti


Quello a cui abbiamo assistito lo scorso 6 Aprile al Live di Trezzo sull'Adda è stato qualcosa di storico. Riproporre tutto un album epocale come 'De Mysteriis Dom Sathanas' non era facile, ma i Mayhem sono riusciti a farlo calando loro stessi ed il pubblico presente in un vero e proprio girone infernale, creando un atmosfera malsana che ha coinvolto quasi tutti i presenti, tranne quelli che criticavano gli inusitati e sbagliati volumi ai quali il fonico ci ha sottoposti per tutto il concerto, ma questo è un altro discorso che non vale neanche la pena di iniziare. La band incappucciata, avvolta in sai, con Attila celato dietro ad una spaventosa maschera e i due chitarristi Teloch e Ghul con tanto di face painting a ricordare, soprattutto il primo, lo scomparso Euronymous, conduce i presenti giù lungo quello spaventoso tunnel che comincia con "Funeral Fog" e si chiude con la title track, il tutto inframezzato da oscure intro e la sensazione che stiamo assitendo più a un vero e proprio rituale che non ad un concerto è sempre più forte, come dei veri e propri demoni assalgono con furia gli otto episodi che compongono l'album, ad una velocità quasi raddoppiata, non lasciandoci respiro. E quando si chiude l'ultima nota, la sensazione di sbigottimento, mista ad un'ebbrezza tipica di chi si è gustato questo evento come se avesse assunto assenzio in quantità ben oltre il dovuto, pervade il sottoscritto ed anche i presenti, che se ne vanno rispettosi, senza lagnarsi del fatto che nessun accenno è stato fatto, nè a 'Deathcrush', nè tantomeno agli altri album post Euronymous, perchè questo era 'De Mysteriis Dom Sathanas Alive', quindi era giusto che il rituale venisse rispettato e non contaminato da ciò che non ne faceva parte. Personalmente sono rimasto colpito dall'impressionante performance di Hellhammer, mitragliatore intelligente lo definirei, nascosto nell'oscurità per tutta la durata del rito, a confermare che non serve atteggiarsi per essere visibili e dalla teatralità di Attila, sicuramente criticabile nella sua maniera di interpretare i pezzi, ma quell'album così influente ed importante per tutto il movimento black, è nato così, con la sua particolare e malata interpretazione e sinceramente mi sarei incazzato di brutto se, per far piacere a qualcuno, il singer magiaro avesse modificato la sua esecuzione, giusto compendio a questa ora di malvagità che porterò sempre con me, fino all'inferno!

Giorgio Barbieri


A pochi mesi dalla pubblicazione di 'De Mysteriis Dom Sathanas Alive', sul quale ci siamo già espressi con toni non entusiastici, i Mayhem fanno tappa in Italia, al Live Club di Trezzo sull'Adda, per tributare il simbolo assoluto della storia del black metal, quel gioiello grazie al quale l'attenzione del pubblico resta ancora viva intorno allo storico monicker norvegese. Per quanto ci riguarda, i Mayhem post Euronymous musicalmente parlando, non hanno mai mantenuto le promesse. Non sono mai stati all'altezza, come è ovvio che sia, considerando che il fondatore della band, oltre che compositore unico, ne incorporava l'essenza attraverso i suoi riff. Con la sua morte, e in parte con il suicidio di Dead, l'anima dei Mayhem resta sepolta nel Maggio del 1994, in quel disco che oggi 2017, senza una ricorrenza precisa, viene riportato su un palco dai due quarti di quella formazione; da Hellhammer, che col suo talento smisurato, permise ai riff di “Pagan Fears” e “Funeral Fog” di sopraffare e distruggere, e grazie ad Attila Csihar, grande intuizione di Euronymous, autore di una prestazione vocale folle e irripetibile. Poi c'è Varg Vikernes che sostituisce al basso Necrobutcher, emotivamente infastidito dal suicidio di Dead e il resto è storia. 'De Mysteriis Dom Sathanas' è la storia del black metal, il simbolo dell'ultimo genere musicale che ha alzato ancora di più l'asticella dell'estremo nel metal. In quei 48 minuti c'è il sangue di Oystein Aarseth sulla lama del coltello impugnato da Vikernes, il quale aveva già reso l'aria irrespirabile col fumo delle fiamme nei roghi delle Stavkirke. C'è anche lo spirito di Dead e la magia declamata nel nome. Insomma, 'De Mysteriis Dom Sathanas' è il colpo di coda del mostro, dopodiché c'è stata per lo più inerzia. E' per tutto questo che sotto al palco ci siamo stati. Non comprerò mai il disco, ma il biglietto si. E ne sono stato felice, ne è valsa la pena. Commercialmente la mossa è detestabile, poichè dimostra l'ennesimo atto di auto celebrazione a fin di cassa. Su disco i Mayhem non sono mai più esistiti, ma il tributo sul palco ha funzionato. Non una parola o un gesto fuori posto. Una scenografia perfetta nel ricreare uno scenario visivo d'impatto, intriso di oscurità e mistero. Luci viola su fumi bianchi, non troppo densi, che si spostano coprendo e scoprendo i musicisti. Hellhammer un tuono invisibile, Attila teatrale e spettrale, e Necrobutcher, fortunatamente per noi, che rimane composto, contenuto, non andando oltre il togliersi il cappuccio. Da brivido Teloch, immobile con la sua tunica, incappucciato e col facepainting simile a quello di Euronymous. Lui è un grande chitarrista con grande personalità, ma non salverà i Mayhem dalle loro deleterie auto celebrazioni. Spettacolo perfetto, dalle pause soffuse tra un brano e l'altro, fino alla nenia di pianoforte che anticipa la melodia della title track, sulla quale la band si riunisce intorno all'altare, dove Attila conclude la cerimonia cantando come solo lui sa fare sulle note di “De Mysteriis Dom Sathanas”. Questo tour molto probabilmente sarà l'epitaffio finale dei Mayhem. Amen!

Giorgio Papaleo

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