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ZU

Vero e proprio happening della nomenclatura capitolina caratterizzata dal suffisso “core” inteso come postcore, jazzcore, noisecore e chi più ne ha più ne metta. Gli amanti di queste sonorità ispide, graffianti, pesanti e cangianti non si son fatti sfuggire l’occasione per accorrere in massa a celebrare la festività del 25 aprile in maniera più che consona. Fin dalle 21.15, ora di inizio dei Juggernaut (una delle migliori rivelazioni in ambito postcore estremamente contaminato da sound morriconiano, jazz, swing, bossanova, post rock, tango, lounge, ambient, progressive rock, di maestosi crescendo e lenti diminuendo) il locale era insolitamente pieno; la band ha sciorinato ancora una volta il suo stato di grazia, sbalordendo il pubblico con estratti dal fortunato secondo parto “Trama” e con un paio di chicche o meglio di work in progress tratti dal prossimo album, ancora in fase di scrittura, che hanno mantenuto alto il tasso di commistione tra le più svariate influenze che la band trangugia e come logica conseguenza ha entusiasmato gli intervenuti. Lunga pausa, è il turno dei Lento, purveyors dell’ambient postcore alle prese con un ennesima manipolazione delle tracce che faranno parte della futura uscita, che tarda a manifestarsi; dopo averla già presentata in maniera scheletrica e difforme dal resto dei precedenti lavori al forte prenestino, rielaborata in maniera mathcore e sludge in quel del Dal Verme, per l’occasione il triumvirato ha deciso di confondere ancor di più le acque presentando suite dilatate con implosioni ambient contro diversi punti di collimazione con il death metal più ribassato, comprimendo il sound fino a portarlo alla deflagrazione totale; aspettatevi di tutto dal prossimo parto perchè le coordinate ascoltate finora portano dappertutto e da nessuna parte vista la materia estremamente plasmabile.

A chiudere la serata gli headliner Zu che per il ventennale della loro carriera hanno presentato ‘Jathor’ l’ultimo nato in casa House Of Mithology col quale hanno manifestato un ritorno al jazzcore, noisecore (marchio di fabbrica della scena internazionale dal 1999 che gli è valso innumerevoli collaborazioni con artisti del calibro di Mike Patton, Melvins, Fantomas e Sonic Youth – solo per nominarne alcuni – e la stima di critica, pubblico ed addetti ai lavori) più strutturato e meno free form rispetto alla parte centrale della loro carriera; il (relativamente) nuovo batterista svedese Tomas Järmyr ha corroborato la band con una violenza senza pari fortunatamente scaricata solo sulle pelli, il sax di Luca Mai deborda e disgrega da ogni dove mentre il basso suonato a mo di chitarra di Massimo Pupillo segna la ritmica specie nelle due tracce che hanno segnato la fine del set dove i fiati si son fatti da parte per lasciare la scena alla sezione ritmica che ha dato sfoggio di sè in un noise mozzafiato. Totalizzanti.

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