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RUSSIAN CIRCLES

A giudicare dall'affluenza di pubblico intervenuto (locale quasi sold out), questo live, con un margine d'errore prossimo allo zero, sarà uno degli eventi dell'anno. Causa caldo tropicale all'interno del locale, siamo usciti fuori in attesa che la band si materializzasse sul palco, ma l'utilizzo di volumi da carezza per le orecchie (consiglio spassionato ai fonici di tutto il mondo di prendere spunto da questo tipo di attitudine), gli americani erano già sul palco, poco visibili a causa dell'utilizzo delle luci basse e nebbia padana a voler ricreare un atmosfera enfatizzata dalla loro musica totalizzante; un excursus che ha toccato: post rock, sludge ed il postcore meno aspro. Non c'è genere musicale underground, o alternative che dir si voglia, che il triumvirato non abbia metabolizzato, ci hanno cullato e accarezzato col post rock dalle melodie celestiali per il quale sono famosi, facendoci viaggiare lungo colline dalle linee morbide, siamo stati sorpresi da sonorità sludge (simili a montagne rocciose, ripide e scoscese) che su disco non riescono ad emergere causa impossibilità di catturare l'energia che un live riesce a sprigionare.

L'apertura del set - "Deficit" - è stata una vera è propria ventata di gelo siberiano, la stessa sensazione che si può provare in un gulag russo ha ibernato il pubblico con la glaciale cattiveria dei riff ossessivi, il magma sonoro ha lambito il postcore più morbido con "1777" che ci ha ricordato i migliori Red Sparowes, mentre "Geneva" si è dimostrata marcatamente Isis, i giri di basso a là Tool hanno caratterizzato la spina dorsale di "Station".  Nessuna concessione allo spettacolo o alle parole ma totale dedizione ai suoni, ne è derivato un rock a trecentosessanta gradi che ha avuto come conseguenza una totale empatia col pubblico in estasi irreversibile. Chapeau.

Setlist:

01. Deficit 
02. Carpe 
03. 309 
04. Harper Lewis 
05. 1777 
06. Station 
07. Geneva 
08. Mlàdek 
09. Death Rides a Horse 

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