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HUMAN IMPROVEMENT PROCESS: DEAFENING DISSONANT MILLENNIUM

data

14/10/2013
80


Genere: Experimental Death Metal
Etichetta: Memorial Records
Distro:
Anno: 2013

Quando hai davanti un disco come 'Deafening Dissonant Millennium', il rischio di scrivere cose senza senso è spesso altissimo. Così, volendo farci un’idea di cosa pensassero a riguardo altri media, lo scrivente si è fatto un giro sul web, arrivando alla conclusione che nessuno (e ci mettiamo dentro pure noi nella categoria) ha capito il reale potenziale di questa band. Stiamo parlando di musicisti che, al contrario di tanti altri pronti ad auto-celebrarsi in rete, preferiscono stare nel loro orto, facendosi il cosiddetto "mazzo" in sala prove alla ricerca di qualcosa che possa soddisfare la loro fame di metal e, perché no, il proprio ego. Sì, perché da bravi metallari questi Human Improvement Process hanno passato talmente tante ore attaccati ai loro strumenti da poter essere definiti "maniaci", ottenendo ovviamente risultati eccelsi sul piano personale. Bene, a questo punto uniteli ed ecco formato un quintetto base che nemmeno il dream team di basket americano annovera. Quando c’è feeling all’interno di una band i risultati sono quasi sempre eccezionali, e 'Deafening Dissonant Millennium' è prova concreta di tutto ciò. Un lavoro che se non avesse al suo interno piccole dosi di melodia sarebbe mostruoso per quanto sa essere feroce. Una produzione ricca di particolari e sfumature, dove il tech-death metal viene elevato allo stadio massimo attraverso dosi smisurate di riff e sezione ritmica trita ossa. Piace la varietà di soluzioni adottate al suo interno (prova tangibile di quanto sia tutto studiato nei minimi particolari), che rende il tutto decisamente fuori dagli schemi. Nulla ha il sapore di trito e ritrito, la sensazione ascoltando bordate come "Our Last Pieces Of Sanity" e "The Process" è quella di essere di fronte a una ventata d’aria fresca in una scena povera di veri talenti. Sempre in rete si evidenziano piccole pecche sul cantato, e la cosa ci fa parecchio sorridere: provate ad inserirvi in un fiume di isterismo sonoro come ha fatto Stefano, e vediamo come ne verrete fuori! Sinceramente, nulla da eccepire sul lato canoro: la scelta di posizionare parti melodiche (seppur brevi) all’interno di buona parte dei brani non è stata poi così sbagliata, il rischio di rendere il tutto un po' troppo claustrofobico era davvero alto d'altra parte. Un album davvero interessante a iniziare dalle sue grafiche, incentrate su un concept futuristico che ricalca fedelmente l’impronta sonora della band...

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