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MR. BIG: Defying Gravity

data

03/08/2017
80


Genere: Hard Rock
Etichetta: Frontiers Records
Distro:
Anno: 2017

Come accostarsi a questo nuovo lavoro dei Mr. Big? La prima opzione é rapportarlo ai grandi album del passato. Ovviamente, non essendo piú proprio dei ragazzini (ma a sentire la coppia Sheehan - Glibert qualche dubbio sorge...) il confronto sarebbe impari. L'alternativa é ascoltarlo e basta, senza aspettarsi una "Colorado Bulldog" sempre dietro l'angolo. E sembra essere l'alternativa migliore, perché l'album parte bene: "Open Your Eyes", riff ruffiano, Sheehan magistrale come sempre nell'intrecciare le armonie del basso con quelle della chitarra e Martin in grande forma, nonostante l'ovvio calo di estensione dovuto all'etá. Eric Martin che, col suo timbro inconfondibile, renderebbe interessante praticamente qualsiasi cosa si mettesse a cantare. Si passa alla title track "Defying Gravity", che personalmente trovo una delle tracce migliori dell'album. Gilbert dona al riff un assaggio d'India (per citare gli Aerosmith), regalando un tocco di freschezza ad una traccia tipicamente Mr.Big: buon tiro, ritornello acchiappa-cori e testo impregnato di ottimismo. Ottimo lavoro anche di Matt Starr, chiamato giá dal 2014 a sostituire Pat Torpey. Nonostante la diagnosi di Parkinson, Torpey resta comunque un membro effettivo della band, almeno per quanto gli concede la sua malattia, ma il suo alter - ego non lo fa comunque rimpiangere, e di questo gli va dato credito. Sulla successiva "Everybody Needs A Little Trouble" (di cui é stato registrato anche un video) esce il blues. Ma proprio tanto blues. Un pezzo all'apparenza, ma solo all'apparenza, scafato e alla "come viene", ma giá l'assolo del fenomeno Gilbert, signori, varrebbe da solo l'ascolto. Eccellente anche il lavoro di produzione: Kevin Elson, di nuovo, non ha sbagliato il colpo. Ogni nota di chitarra, ogni tom della batteria, ogni nota del maestro Sheehan, tutto limpido e pulito. L'ascolto prosegue e, non si sa come né perché, si salta di nuovo indietro (a sonoritá To Be With You, per intendersi) con "Damn, I'm In Love Again", scanzonata e ricca di chitarra acustica a profusione. Piacevole, come un the freddo in primavera. Sempre che non si stia cercando un bourbon. Che arriva, puntualmente con "Mean To Me", in cui il duo Sheehan - Glibert intesse trame da applauso, anche da parte di chi non maneggi alcuno strumento. Signori, quando si sa suonare, si sa suonare. Lo capisce pure un bambino di otto anni. Altra "perlina" é "Nothing Bad 'Bout Feeling Good", che tra dodici corde, cori d'effetto e, soprattutto, una fantastica linea vocale, scivola in bellezza. Quattro minuti che sembrano durare la metá, tanto da far venire immediatamente la voglia di schiacciare il tasto "replay", cosí come la successiva "Forever And Back", che ci riporta immediatamente ai fasti di "Just Take My Heart", musicalmente parlando, ma con la maturitá nello scrivere i testi che viene dall'avere venticinque anni e tanta esperienza di vita in piú. "She's All Coming Back To Me Now" é un mid-tempo piacevole, nell'insieme, ma quella ritmica di chitarra col suono quasi grunge stona come una blatta su una torta nuziale. Al primo ascolto non colpisce molto, al secondo neppure. E mentre ci si aspetta una conclusione sulla stessa falsariga, ecco che il terzetto batteria-basso-chitarra ti spiazza con un giro da brividi nella molto autobiografica "1992", in cui la band racconta il successo planetario di "To Be With You" e tutto quello che ne é susseguito. Questo é un pezzo che non vedo l'ora di ascoltare dal vivo, perché l'amalgama tra le ritmiche, i cori, la voce, lo rendono ideale per una versione che duri almeno il doppio dei 5 minuti del disco, con quelle improvvisazioni in cui i Mr. Big sono maestri. Senz'altro qualcuno troverá che, forse, si sarebbe potuto osare un po' di piú in fase compositiva e questo é senz'altro vero, in parte. Ma questi quattro sono geni musicali, e onestamente, se suonassero il campanello di casa mia, risulterebbe armonico pure quello. Cosí, anche un pezzo come "Nothing At All" e soprattutto "Be Kind" su cui torna forte il blues, diventano qualcosa di piú di un blues. Anche se, quest'ultima, ricorda in maniera sospetta "That's Life" del meraviglioso Frank e riportata successivamente alla gloria dal buon vecchio David Lee Roth negli anni '80. Ma é una piccola scivolata, e penso che gliela si possa perdonare. In conclusione, a parte qualche piccola caduta di tono, "Defying Gravity" sfida davvero la forza di gravitá (e soprattutto del tempo) e ci alza qualche centimetro da terra, proprio come all'elefante della copertina: l'unica cosa veramente stonata di questo album.

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