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MONO

Se c'è una band che riesce ad impadronirsi della nostra anima e del nostro cuore con la loro travolgente musica, questi sono i giapponesi MONO. Tra gli alfieri più fulgidi del panorama recente del post-rock, uniscono sempre sia dal vivo, sia nei lavori in studio classe musicale sopraffina e forza interiore, e che permettono sempre di mantenere un equilibrio costante durante le loro variazioni sonore. Ad ottobre rilasceranno il loro nono album, 'Requiem For Hell', ed in preparazione della nuova uscita stanno proponendo diverse date in giro per l'Europa in cui vengono anche proposti alcuni nuovi brani. Nella tappa italiana del Musica W Festival di Castellina Marittima (PI), location ideale per le loro divagazioni sonore, abbiamo scambiato una veloce chiacchierata con un vero disegnatore di ritratti musicali quale è il chitarrista Takaahira 'Taka' Goto, discutendo di ciò che sarà del nuovo album, e nel complesso di tutto ciò che fa atmosfera nella loro musica. 

Ciao Taka. Innanzitutto, come vi sembra la location in cui verrete a suonare? E quali sensazioni in passato vi ha dato suonare in contesti simili a questo? La location è molto bella, mi piace molto l’ambiente. Abbiamo già suonato in posti simili a questo, con boschi tutt’intorno che ora onestamente non ricordo (ride…).

È di recente notizia l’annuncio di alcune vostre date in Cina. In generale, avete trovato in passato differenze nel modo di ascoltare i vostri brani dal vivo da parte del pubblico tra le vostre terre orientali e le altre parti del mondo, oppure il loro approccio è il medesimo? Sì, ho notato delle differenze. In Giappone, per esempio, il pubblico è piuttosto tranquillo, a differenza di altri posti come Cina, Australia, America, che sono più esuberanti. Il pubblico giapponese tende ad essere piuttosto tranquillo.

Quale pubblico preferisci di più? Mi piace molto il pubblico europeo e quello americano.

Inoltre, affronterete il prossimo tour autunnale di supporto a ‘Requiem For Hell’ assieme ai francesi Alcest. Credete di sentire delle similitudini nei vostri rispettivi sound tra voi e i francesi? Gli Alcest sono più propensi ad essere una band vicina al rock/metal, anche se ora mostrano molti elementi shoegaze, ma loro partono come una band rock/metal. Anche noi MONO dipendiamo da una musica rock/metal, perché noi amiamo questa musica. Al contempo, noi cerchiamo sempre nuove soluzioni, più innovative, per creare un sound unico, un nuovo modo di concepire lo stile rock. Come anche gli Alcest stanno provando a fare. L’occasione di questo nuovo tour insieme in autunno è stata la contemporaneità delle nuove uscite discografiche, e quindi è un occasione per proporre insieme dal vivo i nuovi brani.

Avete avuto in mente di fare uno split album con gli Alcest, così come è successo recentemente con The Ocean? Sì, è una cosa interessante perché si possono sentire delle differenze nei nostri sounds, dei buoni contrasti che la gente può percepire facilmente e con soddisfazione. Possiamo pensare di fare qualche pubblicazione insieme con gli Alcest.

Il vostro nuovo album uscirà nel prossimo autunno. Dobbiamo aspettarci dei significativi cambiamenti di rotta rispetto alle uscite precedenti, o rimane sempre l’atmosfera sognante che è tipica del vostro sound? Il prossimo album sarà il nostro nono album. Il numero nove è molto importante per me perché mi ricorda la Nona Sinfonia di Beethoven. È stata la sua ultima sinfonia ed ha significato per me molte cose importanti nella mia vita. Allo stesso modo, penso che il nostro nono album sarà il più importante album finora. Abbiamo lavorato un anno per la composizione del disco, eppure non è stato un lavoro difficile; è stato abbastanza semplice comporlo. Sarà un album con molto rock, ed abbiamo scelto di nuovo Steve Albini alla produzione con cui abbiamo già registrato quattro album. L’ultima volta che abbiamo collaborato con Steve Albini è stata nel 2006 per le registrazioni di ‘You Are There’, e abbiamo voluto tornare a collaborare con lui perché volevamo fare un album molto intenso e molto rock.

Copertina di 'Requiem For Hell', in uscita il 16 ottobre per Pelagic Records

I lavori fatti sino ad ora vi hanno soddisfatto in termini di resa complessiva del lavoro? Oppure avete avvertito il bisogno, o la tentazione, di rimettervi mano credendo di poter fare un lavoro ancora migliore di quel tanto di buono che avete prodotto? Il senso di ciò che cerchiamo di spiegare si racchiude tutto nel senso della vita. Allo stesso tempo, raccontiamo storie in cui la nostra anima si distacca dal corpo, soprattutto dopo la morte, e che può andare sia in paradiso, che all’inferno; tutto può succedere. Durante la composizione delle nostre musiche per il nuovo album ho letto alcuni passi della Divina Commedia di Dante che mi hanno ispirato fortemente e che spiegano il senso complessivo dell’album.

In passato avete abbracciato sia suoni aggressivi, energici, più prettamente rock, come nel precedente doppio album ‘The Last Dawn’/‘Rays Of Darkness’, sia suoni dolci, intimi, accomodanti, come in ‘Hymn To The Immortal Wind’. Quale di questi due versanti preferite di più? Di recente abbiamo avuto degli show orchestrali in New York, Londra, ed anche in Australia e Giappone abbiamo suonato con delle orchestre. Fino a ‘Hymn To The Immortal Wind’ abbiamo utilizzato delle orchestre per realizzare i nostri suoni e ne eravamo molto soddisfatti. Dopodiché, con i lavori successivi abbiamo cercato di intraprendere nuove strade che non prefiguravano la presenza di orchestre. Ed ora con il nuovo album abbiamo cercato di produrre delle sonorità più vicine al metal, più sperimentali.

È una mia sensazione avendovi visti dal vivo. Ognuno di voi, mentre suona, sembra immergersi in un mondo parallelo, quasi come se il pubblico che vi ruota attorno fosse completamente assente, e ricompaia a pezzo concluso tra gli applausi fragorosi. Durante l’esecuzione, quali mondi incontrate nella vostra mente? Quando suoniamo è come se ci infilassimo nel buio di un tunnel e ci camminassimo dentro, alla ricerca di una luce che si trova in fondo. È un tunnel che dobbiamo affrontare, che si traduce in un’esperienza personale, e dobbiamo cercare di arrivare alla fine, alla luce del mondo.

MONO live @ Musica W Festival, Castellina Marittima (PI)

Quale brano musicale ti permette maggiormente di entrare in uno mondo immaginario? Penso di catturare le maggiori emozioni ascoltando la Nona Sinfonia di Beethoven.

E invece, quale vostro brano vi dà il senso di affrontare mondi paralleli al nostro? Penso possa essere “Everlasting Light”, che è una sorta di preghiera finale di ‘Hymn To The Immortal Wind’.

Suppongo che mai e poi mai affronterete delle situazioni che contemplino inserti vocali fatti da qualcuno di voi, e che vi affiderete solo ed esclusivamente ai vostri strumenti. In passato abbiamo collaborato per un paio di inserti vocali, ma oltre a quello non abbiamo intenzione di inserire parti vocali in futuro, né da parte nostra, né da eventuali ospiti.

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