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FRONTIERS ROCK FESTIVAL VII - DAY 1

25 Aprile 2025 – DAY 1. E’ giusto accontentarsi? Partecipare (ma non passivamente), pensando già prima dell’evento, che difficilmente avresti potuto godere di sensazioni forti. Per metà festival ho percepito aria di malinconia. Mi guardavo intorno e pensavo “sono tutti soddisfatti per metà”. I primi gruppi, Fans Of The Dark, Art Nation, Shakra, Bonfire, sembravano band “fuori posto” (fuori festival). E anche il pubblico mi ha dato l’impressione che avesse la necessità di doversi accontentare (in fondo questi eventi sono una piccola via di fuga alla quotidianità). Il rock melodico proposto dai primi quattro non è propriamente AOR nel suo stilema, spesso si tinge di false sfaccettature colorandosi di power, che non è power, colorandosi di un atteggiamento stradaiolo, fuorviando il genere (seppur essendo una scelta della label stessa); ma il punto è che magari ascoltando l’album puoi anche gradire il prodotto, ma poi il risvolto live può essere compromesso da più variabili: formazione non completa, resa dei suoni non calibrati, etc. ed io non ho gradito le prime performance. Invece, nella seconda parte dell’evento, una ventata di purezza pop rock si è impossessata del palco con gli Honeymoon Suite; professionisti in grado di farti apprezzare un'unicità del sound che non si identifica in un “copia ed incolla”, ma ha un suo essere distintivo, dove non c’è ripetitività nelle canzoni. 

A seguire i Pride Of Lions (io ero lì per loro). A mio discapito altalenante la resa del festival. Toby Hitchock anticipa subito che la sera prima ha avuto un problema alla voce, e Jim Peterik (74 anni), sempre eclettico nel suo modo di apparire, compare come un disabile, non vedente, ha sempre bisogno di assistenza sul palco, sente tutto disconnesso, suona poco; si, è presente, ma come? Nonostante l’incidente vocale, Toby ruffianamente si conquista il consenso del pubblico per la sua genuinità ed energia. Ma in realtà è la scaletta che vince! Si parte con “Eye Of The Tiger” (1982). Siamo tutti lì per ascoltare quelle composizioni radiofoniche a stelle e strisce, e per riassaporare la magia dei Survivor. In aiuto a Toby compare ospite Robin McAuley (in forma, 72 anni), che per fortuna ruba la scena al povero Peterick (certo che, dopo aver visto da poco tempo Hughes live, in confronto Glenn sembra un adolescente; ma la vita passa per tutti). E’ la band di musicisti intervenuta per l’occasione, Hell in the Club, il vero sostegno di Peterik. Ho apprezzato l’entusiasmo ritmico del drummer Marco Lazzarini. 

Pride implicitamente sono portatori di un messaggio ben chiaro: la vita è un ciclo, quel che resta non è la fisicità (e comunque i cerchi si devono chiudere). Chi invece alza il livello qualitativo della serata sono i grandissimi Asia con il tastierista Geoff Downes, unico superstite della formazione originaria, ma è grazie alla prestazione dei suoi successori, al bassista/cantante Harry Whitley, perfetto nelle linee vocali, e al batterista Virgil Donati che la serata prende una piega progressive, compiacendo il pubblico. Le ho viste le facce di chi era intorno a me, altro che accontentarsi! Il cerchio viene chiuso con “Heat Of The Moment” (1982). Sono contenta di aver partecipato al Day 1.

Line-Up:
Fans Of The Dark
Art Nation
Shakra
Bonfire
Honeymoon Suite
Pride Of Lions
Asia
 
SETLIST Pride Of Lions:
Eye Of The Tiger (Survivor cover)
Sound Of Home
Gone
It’s Criminal
In Good Faith (Survivor cover)
The Search Is Over (Survivor cover)
High On You (Survivor cover, with Robin McAuley)
I Can’t Hold Back (Survivor cover, with Robin McAuley)
Burning Heart (Survivor cover, with Robin McAuley)

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