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MANILLA ROAD: MYSTIFICATION

data

06/04/2005
85


Genere: Epic Metal
Etichetta: Black Dragon
Anno: 1987

Il progressivo indurimento del Manilla sound era stato un processo costante nei precedenti 5 dischi della band americana (dall'hard rock melodico di "Invasion" al bellicoso epic di "The Deluge"), e ciò che si doveva aspettare da "Mystification", ovvero un ulteriore passo in avanti sul versante dell'aggressività e della ferocia sonica, è esattamente ciò di cui consta il disco. Epic metal scarno, ruvido, ancora più veloce che in passato e dalle tematiche ulteriormente cupe, ma sempre fieramente e gloriosamente leggendario, con le aperture melodiche di pura poesia che solo Mark Shelton, la sua voce, e la sua chitarra depurata dalla ferina distorsione, possono creare. Dedicato all'immortale Edgar Allan Poe (ben 6 brani su 10 sono presi da sue opere, e l'intera title track è una celebrazione della sua arte oscura), il disco è prodotto in maniera ancora più scarna che in passato, presentando spesso una sola linea di chitarra anche negli assoli, e rappresenta l'apoteosi del sound più barbaro dei Manilla Road: si parte in quarta con "Up From The Crypt", orrorifico racconto di morti viventi e brano più pesante mai composto dal trio di Wichita. Randy Foxe mette in mostra tutte le sue doti giustificando il soprannome "Thrasher" con un uptempo da far invidia anche agli Slayer più brutali, supportando violentissimi riff di chitarra e belluine vocals per 3 minuti di ultraviolenza epica inarrivabile. Su questo stile aggressivo (ma lontane da certe parossistiche sfuriate) sono anche "Valley Of Unrest", "Haunted Palace" e la vichinga "Death By The Hammer", i 3 brani forse meno ispirati del disco, sempre giocati sulla tipica linea vocale interrotta e cantilenante di Shelton, pur su ritmi decisamente sostenuti, ma che costituiscono le fondamenta di un disco che se ne parte per la tangente quando meno te l'aspetti: già brani come "Children Of The Damned" e "Mask Of The Red Death" sono estremamente dinamici e memori della lezione epic/doom di "Open The Gates", con i loro cambi di tempo e funebri riff rallentati, ma l'anima bardica di Shelton viene fuori appieno negli episodi più soffusi. L'epicissima "Dragon Star", la grandiosa e oscura "Spirits Of The Dead", e soprattutto la magnifica title track (uno degli episodi più appassionati ed evocativi mai composti dalla band), strapiene di arpeggi in pieno stile Manilla Road e di frammenti di epos allo stato puro, raggiungono un'evocatività difficilmente rintracciabile altrove. Un'evocatività che trova la degna glorificazione nel contrasto con le sonorità bestiali e furibonde del resto delle canzoni, conferendo così a "Mysitication" una varietà e un dinamismo incredibile per un disco che sacrifica la varietà compositiva dei predecessori a favore di una forma canzone compatta e devastante.

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