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RYO OKUMOTO: The Myth Of The Mostrophus

data

01/08/2022
74


Genere: Progressive Rock
Etichetta: InsideOut Music
Distro: Sony
Anno: 2022

Ryo Okumoto è il tastierista degli Spock's Beard dal 1995 e "The Myth Of The Mostrophus" è il suo quinto album solista, il primo però dopo vent'anni dal precedente "Coming Through". Il titolo e la copertina richiamano senz'altro le sue origini nipponiche, dato che questo "Mostrophus", sia a livello grafico che descrittivo, fa molto pensare a una sorta di Godzilla. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non si tratta di un disco interamente focalizzato sulle tastiere: queste hanno sicuramente un ruolo da protagoniste, però si tratta in generale di un lavoro più corale. Scritto insieme al cantante/bassista Michael Whiteman (I am the Manic Whale), è poi nei risultati il frutto della sinergia di un numero abbastanza consistente di musicisti che hanno partecipato al progetto. Ci sono anzitutto i suoi compagni negli Spock's Beard, che hanno suonato in due brani, obiettivamente molto vicini allo stile della band americana: si tratta dell'opener "Mirror Mirror" e della titletrack, una bellissima suite di oltre ventidue minuti di durata. Le altre quattro tracce vedono invece la partecipazione di tanti altri musicisti, alcuni dei quali coinvolti nel ProgJect (una sorta di cover band di classici prog rock), come Michael Sadler (Saga), Mike Keneally, Jonathan Mover (Joe Satriani) o altri nomi, tra cui spiccano ad esempio Steve Hackett (ex Genesis), Marc Bonilla (Keith Emerson, Kevin Gilbert), Doug Wimbish (Living Colour) e Lyle Workman (Todd Rundgren), giusto per citarne alcuni. Un ruolo significativo hanno anche i cori e tra le voci ritroviamo peraltro anche quella della moglie Keiko: ad esempio, si può notare, in tal senso, come in "The Watchmaker (Time On His Side)" i cori duettino con la voce solista, ma in misura maggiore o minore hanno il loro ruolo un po' in tutte le tracce. Tra gli altri brani, rimanda molto agli Spock's Beard anche "Chrysalis", quanto meno al loro lato più intimista ed atmosferico; piuttosto vario e melodico è "Turning Point", mentre "Maximum Velocity" inizia molto lenta e delicata, per poi andare in crescendo. Diciamo che "The Myth Of The Mostrophus" è un buon disco di prog rock, curato davvero con grande attenzione nei dettagli. Va anche osservato che, tutto sommato, non si va mai realmente fuori da schemi alquanto classici e consolidati nel genere, però va riconosciuto a questo platter un buon songwriting e un ottimo lavoro interpretativo da parte di tutti i musicisti, in quanto ciascuno di loro ha saputo apportare il proprio contributo, arricchendo così il risultato finale e andando oltre quella che rischiava di essere una semplice versione degli Spock's Beard a cura del tastierista giapponese. 

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