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THE DEVIL'S TRADE: The Call Of Th Iron Peak

data

25/08/2020
70


Genere: Dark, Doom, Folk
Etichetta: Season Of Mist
Distro:
Anno: 2020

La proposta solista dell’ungherese Dávid Makó, già in formazioni doom - sludge come Haw e Stereochrist, è davvero molto toccante. La sua opera è un fumoso full length dai tratti intimistici, composto e registrato con pochissimi strumenti acustici, tra i quali spicca il banjo a colorare le sonorità, arrangiamenti semplici, efficaci e moltissima anima nei testi e nella voce carismatica di Dávid. Le melodie cadenzate e ripetitive introducono l’ascoltatore in un mondo dove il folklore e le leggende prendono vita; con intento quasi ritualistico, il compositore, ci porta nelle sue terre con la bellissima “Három Árva”, mentre le due tracce d’apertura, la titletrack e “Dead Sister”, fanno percepire il taglio quasi blues, in particolare, nella voce, che permea tutto il lavoro. L’esperienza in campo metal si avverte in particolare nel brano “Eyes In The Fire”: il pezzo ha una carica vocale e strumentale tale da aspettarsi, da un momento all’altro, un’esplosione di chitarre e batteria che però non arriva, lasciandoci in uno stato di pura energia non sublimata. Il titolo dell’album, “The Call Of The Iron Peak” fa riferimento ad un luogo mistico, nido di una pace ormai perduta, silenzio totale e casa, una sorta di paradiso nel quale tutto è sospeso senza più oppressioni, liberi dagli affanni della vita terrena. Un luogo dove il ciclo della vita volge al termine e ricomincia senza soluzione di continuità, come metaforicamente esprimono la prima e l’ultima traccia del lavoro identiche nel testo e nella musica con qualche variante nell’arrangiamento; la nostra sensibilità, modificandosi durante l’ascolto, ci fa percepire i due brani in modo distinto come inizio e fine di un percorso. Sono rimasto molto colpito dalla proposta, così alternativa, di questo cantautore, l’idea di creare, con voce e strumenti, un mantra che possa estraniare l’ascoltatore dal mondo esterno mi è davvero piaciuta ma la poca varietà dei brani, a mio avviso, è l’unica pecca del lavoro. Il picco della catarsi è venuto a mancare, lasciandomi con un vuoto energetico non colmato appieno.

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