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THE HALO EFFECT: Days Of The Lost

data

21/09/2022
80


Genere: Melodic Death Metal
Etichetta: Nuclear Blast
Distro:
Anno: 2022

Atteso per lungo tempo, durante il quale alcuni singoli hanno saziato la sete di melodic death dei fan piu accaniti, è giunto finalmente sul mercato il debutto degli Halo Effect che, diciamolo subito, si rivela essere una delle uscite piu "scottanti" del ricco panorama metal 2022. Il perché è presto detto: la formazione riunisce infatti sotto lo stesso tetto Mikael Stanne, attuale cantante e leader dei Dark Tranquillity, e quattro "vecchie glorie" degli In Flames (tra i quali figurano l'icona Jesper Stromblad e Niclas Engelin), intenti a riproporre lo stile della band attualmente capeggiata da Anders Friden (a onor del vero piu sul versante "Colony"/"Clayman" e successivi dischi che su quello "The Jesters Race"/"Whoracle"), con l'efficacia e la sicurezza di chi, quel sottogenere, lo ha sostanzialmente plasmato. Già mi vedo alcuni commenti del tipo "questo album non aggiunge nulla a quello che questi artisti hanno fatto in passato", ed è vero, ma quando la qualità della musica è così elevata il fattore "originalità" passa in men che non si dica in secondo piano. Insomma, se cercate qualcosa di musicalmente innovativo o mai sentito passate pure oltre, siete avvisati, perché questo è un album composto per onorare e "rivitalizzare" una scena e un sound che hanno rapito il cuore di migliaia di ascoltatori per oltre un decennio a partire da metà anni '90. Le canzoni? La tripletta iniziale ("Shadowminds", "Days Of The Lost", The Needless End") è da manuale del death melodico, e dimostra subito che spesso non serve "reinventare la ruota" per comporre qualcosa di livello superiore, e ai titoli menzionati si aggiungono "Conditional", "Gateways" e "Feel What I Believe", tra melodie molto ispirate e passaggi di chitarra che faranno scendere una lacrimuccia agli amanti del genere. Difetti (se così vogliamo chiamarli)? Cercando il classico "pelo nell'uovo" ne rilevo due, che hanno entrambi la medesima radice e un nome e un cognome: Mikael Stanne. In primo luogo perché la sua voce è talmente caratterizzante che non può che ricondurre immediatamente alla sua band d'origine, e a questo fattore si aggiungono le due canzoni (piacevolissime, intendiamoci) con il ritornello in clean vocals ("In Broken Trust" e "A Truth Worth Lying For") che ricordano molto i Dark Tranquillity del periodo "Projector", e che a mio avvisano "spezzano" un po' l'andamento del disco e risultano leggermente "fuori luogo". Ciò detto, il disco resta assolutamente riuscito, godibile e divertente e cresce e convince ad ogni ulteriore passaggio. Ottimo lavoro!

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