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EP & SPLIT: Quando le dimensioni non contano - Pt. II

Ep

Neanche era stata pubblicato il primo episodio dello speciale sugli album minuscoli, sulle uscite da poche canzoni e altrettanti minuti, sulle piccole gemme nascoste nei solchi di un viniluccio che di solito non cagherei neanche di striscio, che arrivano in redazione altre proposte di cui - fatta una necessaria cernita - vi propongo il meglio. L'estate negli occhi e la morte dentro, come sempre se si ama il metallo.

I Barbarian hanno un sacco di cose dalla loro parte. Il nome fichissimo ad esempio, sulla scia della benedetta semplicità che ci ha regalato Slayer, Sodom, Venom o al massimo Hellhammer. Ma soprattutto la miscela che ha reso particolare il loro sound, che soprattutto negli ultimi due album è stato sempre a cavallo tra il proto-black dei gruppi sopra citati, lo speed metal e una deliziosa vena epic metal. Più che il solito black/thrash scannaporcelli, sembravano i Satan suonati con la pesantezza dei Celtic Frost. Nel nuovo vinile di due pezzi, stampato in occasione del tour statunitense, si assiste a qualche variazione, cui la band toscana ci ha abituato con ogni uscita. La chitarra ora è meno classica e heavy, sia come produzione che come riff, ed è più sconquassante che mai. La coesione tra le varie parti delle canzoni è migliorata rispetto a 'Cult Of The Unholy Grave', con melodie non banali e in generale la struttura delle composizioni è più complessa e matura, ma sempre all'insegna della blasfemia più adorabile che ci sia, come ben espresso dagli stessi Barbarian nel loro inno di qualche anno fa "Godless, Amoral and Proud". Nove minuti molto più intensi di quanto la durata possa far presagire. Italiani per Hells Headbangers: un connubio purtroppo più unico che raro.

Uh che botta. Non mi aspettavo che gli Aversio Humanitatis potessero migliorare così tanto. Certo sono passati sei anni da quel 'Abandonment Ritual' che era un grandissimo "vorrei ma non posso", bloccato dalla monotonia. Oggi è la copertina hipster più appropriata ai Deafheaven ad essere l'unica cosa da rivedere. 'Longing For The Untold' (Sentient Ruin Laboratories) è il giusto passo per la gamba di questi ragazzi spagnoli, finalmente esplosi in tempi più avanzati rispetto a musicisti che si bruciano dopo un paio di uscite. La produzione è maestosamente perfetta, sottolinea ogni singolo passaggio dissonante del mini-album. Se fosse stata un po' più sporca avrei detto che gli autori della musica erano islandesi. C'è una scena pazzesca lì... Ricordano gli Abyssal e lo stile dei Deathspell Omega più recente ('The Synarchy...'), così come gli Zhrine, ma un po' più pesanti. Manca il fiato durante l'ascolto, ci sono talmente tanti momenti fantastici, tra l'atmosfera stridente e la più brutale violenza. Mi avete intasato le orecchie fino alla nausea con i vari gridolini di piacere quando uscivano i buoni The Ominous Circle, non vorrete dire che li avete già dimenticati? Bene, gli AH sono anche meglio, prendete nota e -per i più curiosi- il lato B della cassetta (o del vinile) contiene qualche pezzo tratto da split di qualche anno fa, utili per capire l'evoluzione della band e per godere ancora perché sono comunque discreti, non come i nuovi ma nemmeno come quelli del primo album. E io che pensavo di dover aspettare l'autunno per farmi del male con roba spagnola veramente su di giri (Altarage, siete stati schedati).

Con calma e metodo gli Atavisma stanno pian piano emergendo dai liquami dell'underground. Dopo una demo che in quanto tale era piena di imperfezioni, lo split con i Maur ne aveva evidenziato una grossa crescita: un solo brano intitolato "A Subterranean Life", un molosso di dieci minuti che metteva in chiaro le intenzioni della band francese in ambito death/doom. Adesso Blood Harvest riesce a dar loro l'opportunità di un 7", un vero e proprio trampolino di lancio che si è concretizzato in un contratto per l'album di debutto con Memento Mori (casa dei nostri Ekpyrosis, non dimentichiamolo). I sogni si realizzano e gli incubi pure. Immaginatevi una creatura mostruosa che ingurgita macerie di vario tipo. Sarà questo il soggetto dei decadenti testi di 'On the Ruins of A Fallen Empire'? Anche se così non fosse, sono loro ad aver affilato le lame e a rendersi più vendibili e professionali senza perdere nulla in lerciume. Vociona profonda molto alta nel mix e suoni in cui prevalgono i bassi sono le caratteristiche formali, mentre la sostanza è puramente maligna, una cloaca maxima ricolma di melmoso death/doom, per adesso gli Atavisma danno il loro meglio nelle parti meno ritmate. Si può fare ancora di meglio nella scrittura di riff più immediati e da ricordare (quelli più smaccatamente death old school), ma non voglio chiedere a un gruppo alle prime armi di farmi godere come i Vallenfyre, i Funebrarum o qualche gruppo di casa Dark Descent. Almeno non ancora. Ne riparliamo tra qualche mese perché i garçons sono sulla buona strada.

Gli Ossuary Insane non esistono più da tanti anni, le ultime novità discografiche risalgono al 2006 e cinque anni dopo il cantante, bassista e chitarrista Kris Jacobsen si sarebbe impiccato. Non è questo il motivo per cui parlo di loro, ma perché nel 1998 avevano pubblicato un album intitolato 'Demonize The Flesh'. Nulla di eccezionale o per cui perdere la testa, ma la sempre attenta Blood Harvest lo ha ripescato e riversato su vinile, 300 copie tonde. La durata è inferiore alla mezz'ora e per questo ne parlo qui, e poi in mezzo ad Atavisma e Blasphemer tira una buona aria di morto. Senza offesa per l'impiccato, s'intende. Lo stile non è lineare, ci sono accelerate alla Deicide e poi degli stacchi nello stile dei primi Malevolent Creation. Avrebbero potuto lavorare un po' di più sui riff, ma la fine degli anni Novanta era un periodo un po' critico, in cui persino i big partivano per la tangente, figuriamoci come doveva essere stato un esordio, per di più isolato, come 'Demonize The Flesh'. Altro gruppo simile sono i Khrophus, di cui ho parlato qui. Poche finezze e buona sostanza. Chissà se sarebbero potuti migliorare, sicuramente i progetti successivi in cui sono entrati (Bound For Glory e Plunder&Pillage) non hanno lasciato segno. Peccato. Cornine in alto per i caduti della nostra musica preferita.

Ok, la rubrica si chiama "dischetti", ma porca miseria siamo nell'era di internet, non tutti hanno la forza e vogliono sbattersi troppo per un singolo brano. Una volta usciva in accoppiata con una cover o un pezzo live, oggi invece... pam! Su Youtube, a gratis, o su Bandcamp e passa la paura. È successo questo con i Blasphemer. Li avevo persi di vista, prina di qualche mese fa, poi ho ordinato il loro ultimo 'Ritual Theophagy', orgoglio a livello internazionale pubblicato sotto Comatose Records, e mi sono galvanizzato. Oggi arriva tra capo e collo la nuova "Jesus Is Stripped Of His Garments", come sempre per fan di Deicide e Beheaded (con questi ultimi condividono Simone Brigo). Si sente un botto il tocco old school del neo entrato Niccolò Brambilla, chitarrista dei lanciatissimi Ekpyrosis, soprattutto nella sezione finale, così come è devastante la prestazione del batterista Davide Cazziol. La produzione è in generale una spanna sopra quella dell'ultimo disco, in vista del prossimo che sarà un concept sulla Via Crucis, 14 canzoni per altrettante stazioni. A giudicare dal testo di questo pezzo, il povero Gesù ne passerà di cotte e di crude, come da tradizione. Ciliegina su una torta fatta di cadaveri.

EP & SPLIT Pt. I: http://www.hardsounds.it/speciali/dischetti-quando-le-dimensioni-non-contano

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