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OVERLAPS

L'occasione è quanto mai propizia per cercare di conoscere una nuova realtà del panorama rock contemporaneo italiano. In occasione del tour europeo dei The Rasmus, supportati dagli The Shiver (a tal proposito seguite il tour diary curato dalla cantante Faith e pubblicato da noi di Hardsounds), ad aprire le serate di questo tour ci pensa una compagine che dal Nord-Est italiano cerca di farsi spazio con forza: sono i giovani Overlaps. Al termine della loro esibizione tenutasi all'Alcatraz di Milano, ci intratteniamo con la band al completo nel loro camerino, per dialogare apertamente della loro esperienza, dell'album di debutto appena uscito, e più generale del modo in cui una giovane rock band italiana come gli Overlaps cerca di ritagliarsi uno spazio importante, allo scopo di esaudire i propri sogni. Il tutto mantenendo un senso di umiltà e di impegno costante.

Ciao ragazzi. Prima di tutto fateci una breve presentazione della band, soprattutto per chi ancora non vi conosce, e due parole su chi ha avuto l’idea scatenante di formare questa band? Gloria (voce): Gli Overlaps sono nati circa due anni fa. Io e Matteo, il batterista, siamo i fondatori della band. Abbiamo affrontato in questi due anni diversi cambi di formazione, e l’ultima new entry alla chitarra è Marco, che è con noi solo da due mesi. Abbiamo realizzato questo album in un anno circa, con la pre-produzione e la produzione di Fabio Trentini, che è il produttore artistico dei primi due dischi dei Guano Apes; abbiamo lavorato sodo con lui, sia a livello di arrangiamenti, sia di pre-produzione, di mixing e di mastering, che è stato fatto in Germania. L’album è uscito da poco, il 13 settembre, e nello scorso marzo abbiamo conosciuto Alessandro Castelli di K2 Music Management, che ci ha proposto di fare questo tour. Nel frattempo, in questi due anni abbiamo fatto delle date sia in Italia che all’estero (in particolare Repubblica Ceca e Austria), e anche qualche festival, tra cui l’Home Festival di Treviso.

Cosa volete comunicare principalmente, prima di tutto come Overlaps stessi, e poi con l’album omonimo? Gloria: Come Overlaps, sia il nome stesso, sia tutto il concept che c’è nel disco, stanno a significare una sovrapposizione di generi; difatti, noi quattro abbiamo diversi stili e caratteri, ed abbiamo deciso di darci questo nome proprio perché significa ‘sovrapposizione’, di più generi, di più influenze, di più stili. Abbiamo cercato di portare lo stesso significato anche a livello di grafica, ed abbiamo sia nel disco, che nel booklet, magliette, ecc. una sovrapposizione di colori che richiamano i colori fondamentali del 3D. Oltre ai colori, abbiamo anche delle forme geometriche sovrapposte, per ricreare appunto questo concetto.

Siete subito partiti con un’idea comune, oppure la costruzione finale è stato un mix di spunti diversi del vostro pensiero? Gloria: Ci sono stati spunti diversi. I pezzi nascono da un’idea che poi viene sviluppata sempre insieme in sala prove, per cui tutto è strutturato in modo pressoché naturale. Ad esempio, arrivo io con un giro di chitarra ed una linea vocale, dopodiché si costruisce tutto il pezzo. Più o meno tutto il disco è nato così. Solo un pezzo (l’ultimo dell’album) è nato in studio, essendo una ballad elettronica.

Gloria, tu hai appena detto che è durato circa un anno il percorso di produzione dell’album. Avete per caso riscontrato problemi di sorta durante il percorso? Gloria: In realtà il chitarrista che ha registrato il disco è un altro. Infatti, Marco è venuto con noi a disco finito, e pronto per il tour.

Copertina di 'Overlaps', album autoprodotto uscito il 13 settembre 2018
 

Quello che balza di più all’occhio della vostra proposta musicale è la sua facile orecchiabilità e l’impatto pronto. Brani di breve durata, ma dritti al punto e densi di efficacia. Il vostro obiettivo quindi è colpire subito l’ascoltatore quasi come un colpo di fulmine? Stefano (basso): Si può dire di sì, di base, ci siamo dati delle regole da rispettare, e di fare canzoni di una durata che rispettasse il target radiofonico. Le canzoni, mediamente, devono durare tre minuti, tre minuti e mezzo. Il genere l’abbiamo selezionato parlando tra di noi, facendo qualcosa che rispecchi i classici della musica pop, ma dando un taglio molto più alternative, che può essere considerato al giorno d’oggi il ‘nu rock’. È stato infine fondamentale l’aiuto di Trentini e la sua influenza.

Quindi, queste canzoni di breve durata sono scaturite da una vostra scelta, allo scopo di essere efficaci dal punto di vista radiofonico e commerciale, oppure nel vostro background avete in dote brani dalla durata più lunga? Gloria: A livello di background e di ascolti diciamo di sì; si può pensare, per esempio, agli stessi Guano Apes non hanno tutti i pezzi da 3:30, ma anche pezzi da album e comunque più lunghi e crossover. Con il produttore, abbiamo lavorato sulle strutture dei pezzi per far sì che le melodie risultassero molto catchy e che colpiscono in modo diretto e rimangono in testa, creando un vestito attorno a questi pezzi che potesse far risaltare ancora di più queste melodie. Da disco questi pezzi suonano commerciali e molto pop, mentre live siamo un pochino più tirati e più rock. In tanti, quando ascoltano il disco, pensano che siamo più pop-rock, ma in realtà live siamo molto più cattivi.

A differenza dello studio di registrazione, il palco è sempre qualcosa che ti deve dare di più, e non è solo il contesto, ma anche le band stesse devono dare qualcosa di più. Stefano: La prova del nove è il palco, perché in tanti possono produrre un buon disco in studio, soprattutto oggi, che suona organico, con buoni timing e tuning, e che si fa ascoltare facilmente. Ma magari live non lo si riesce a rendere come si è creato in studio.

Gloria: Poi ci sono anche delle influenze elettroniche e più moderne, che abbiamo deciso di inserire per restare su un target moderno ed al passo coi tempi.

Avete provato abbastanza, prima di partire in tour, riproponendo il contesto live? Gloria: Sì, abbiamo provato tante volte, a tale scopo, in un teatro simulando il live dello show completo con il nostro fonico, che ci ha seguiti in tour, e lavorando su tutte le sequenze e sul setup.

Matteo (batteria): Ringraziamo anche Marco, il nuovo arrivato, che si è rivelato un grande professionista e ci ha dato una marcia in più che è servita per partire bene in tour.

Il vostro album è uscito da circa un mese. Avete già avuto dei feedback da parte di critica e di ascolti? Stefano: Assolutamente sì. Abbiamo iniziato a vendere numerose copie del nostro album, che è sempre più richiesto. I nostri follower, su Facebook e soprattutto su Instagram, stanno aumentando vertiginosamente, giorno per giorno, e ci postano in continuazione foto e video, condividendo sempre. Loro ascoltano il disco in continuazione in macchina, o a casa, ed è una cosa che a noi ci riempie di gioia. Questo significa che la nostra musica è apprezzata. Addirittura c’è qualcuno che ha già fatto una cover di un nostro pezzo.

Sperando di non commettere errori, voi avete iniziato la vostra storia con il brano “Dreams For Sale”…Gloria: In realtà è uscito prima “On Monday” che è il nostro primo singolo, che è uscito come video ed EP già due anni fa, e questo pezzo è uscito su Virgin Radio…

Ecco, quindi che stati d’animo vi ha dato vedere una vostra creatura mandata in un circuito radiofonico importante in Italia? Gloria: Aaahh!! E' stato fighissimo (ride).

Matteo: La registravamo ogni volta che la si sentiva per radio, con il telefonino. Siamo rimasti un po’ increduli (ride)

Quindi potrebbe essere “On Monday”, oppure “Dreams For Sale” il vostro brano manifesto? Oppure ci sono altri brani per voi più rappresentativi? Gloria: Sì, ce ne sono anche altri, ma diciamo che quei due sono più pop e, come si diceva prima, un pochino più catchy e che arrivano direttamente al pubblico. Quindi abbiamo scelto questi pezzi proprio per una questione di visibilità e di orecchiabilità. In realtà, nel disco ci sono anche altri pezzi che magari ci appartengono di più, come “Background” che risulta un po’ più rock rispetto a quegli altri singoli con cui siamo usciti. Vediamo poi che alla fine, in live, c’è quel giusto mix tra i pezzi alternative rock e quelli più pop, e che riescono a tenere su molto bene l’attenzione del pubblico, rendendo tutto molto omogeneo. Partiamo carichi, poi usiamo pezzi più morbidi per far risaltare il momento “limone” (enfatizzato da Matteo), e poi c’è il momento di chiusura dove torniamo con un pezzo più rock.

Tornando a “Dreams For Sale”, vi chiedo quali sono, per voi, i sogni che possiedono un valore maggiore rispetto ad altri? Gloria: In realtà, il testo è stato scritto proprio per spiegare la situazione sociale in cui ci troviamo, soprattutto per i giovani di oggi c’è veramente poco spazio per la propria creatività e per inseguire i propri sogni, perché viviamo veramente in un periodo dove il tempo va velocissimo, gli impegni sono tanti e ritagliarsi del tempo per continuare a credere nei propri sogni è veramente sempre più minimo. Quindi i “sogni in vendita” suonano un po’ come una metafora per dire di continuare a crederci nel proprio sogno perché è la cosa che ti tiene vivo in questa vita, ed è appunto quello che noi stiamo facendo da un po’, anche con altri progetti che avevamo prima, e siamo tutti con lo stesso focus che stiamo cercando di continuare a credere nei nostri sogni, come è già un grande sogno arrivare a fare un tour come questo. Per cui il nostro è un messaggio di spronare tutti a continuare a credere, e che non bisogna mollare.

A proposito di questo tour, vorrei chiedervi come sta andando la vostra esperienza in questo tour, e che opinioni avete riguardo la collaborazione con band come i Rasmus e gli Shiver? Gloria: Riguardo al tour, è sicuramente un’esperienza enorme ed una vetrina incredibile, specialmente per la risposta che abbiamo avuto fuori dall’Italia, in particolare in Germania, Polonia e tantissimo anche in Austria. Rispetto all’Italia, per le band spalla emergenti c’è un feedback molto forte, c’è molta curiosità. La gente arriva molto presto ai concerti ed è molto incuriosita e partecipe.

Matteo: Purtroppo per le band giovani come noi, e parlando anche più in generale del campo delle arti, l’Italia ti sega le gambe. Qui non fai altro che trovare sanguisughe, gente che ti promette tanto e non ti dà niente, e dalla parte del persone c’è meno interesse di scoprire nuove cose. Abbiamo avuto dei feedback molto importanti da persone estere, che ci hanno detto che era tanto tempo che non sentivano delle band spalla valide, come è successo con noi. Questo ci ha dato molta gioia, proprio perché vanno alla ricerca di qualcosa di nuovo, caratteristica che qui in Italia purtroppo non c’è.

Tutto questo nonostante qui in Italia ci sia un’ottima qualità delle band underground, un po’ in tutti i generi. Matteo: Assolutamente sì. L’Italia, in tutto e per tutto, è una fucina di talenti, sia musica che in altri settori. Purtroppo la cultura in Italia non è valorizzata, e dobbiamo sbatterci.

(Gloria ritorna sul discorso della conoscenza dei The Rasmus e dei The Shiver)

Gloria: La conoscenza dei The Rasmus è stata veramente inaspettata, nel senso del modo in cui tutta la crew ci ha trattati e tuttora ci tratta, in modo molto amichevole, gentile e di supporto. Non credevamo che delle band big supportassero in questo modo delle band spalla sconosciute italiane. Ci hanno dato molti consigli e sono stati tutti veramente carini e vicini alla nostra realtà. Dal punto di vista di conoscere altre band spalla come The Shiver, è bellissima questa cosa dello scambio e dell’aiuto reciproco, dato che gli Shiver hanno già affrontato altri tour europei, e di conseguenza il supporto tra band italiane è reciproco. Ci si aiuta e c’è collaborazione.

Credo che per voi sia il primo tour internazionale. Avete riscontrato delle difficoltà in termini di organizzazione, o siete riusciti ad approcciarvi con maggior scioltezza? Stefano: Il modo più facile per il quale ci siamo approcciati è stato decidere velocemente cosa fare. In due secondi, io e Matteo abbiamo lasciato il lavoro per fare questo tour ed era questo che volevamo fare noi. E’ stata una scelta drastica, Avevamo un lavoro a tempo indeterminato e ci siamo licenziati. Non abbiamo esitato un attimo perché questa è la vita che vogliamo fare, quella dei musicisti, e se vuoi fare questa vita qua non puoi avere paura, non puoi tentennare. Devi rischiare; se non rischi, non saprai mai se è una cosa che vale la pena provare.

Gloria: Dopo tutte le esperienze nei vari gruppi che abbiamo avuto e dopo tutta la maturazione a livello musicale, avere l’occasione di prendere questo treno davanti è stata un’occasione da prendere al volo.

Stefano: Fastidi e difficoltà non ne abbiamo avuti nell’organizzazione di questo tour perché penso che tutti noi quattro abbiamo in comune lo stesso focus, lo stesso obiettivo. Anche Marco, quando gli abbiamo proposto di entrare nella band, non ha esitato, ci ha messo un minuto ad accettare.

Gloria: Per è come è stato strutturato, è un progetto a cui ci crediamo tutti. Come logistica, abbiamo dovuto un po’ arrangiarci in qualche modo per trovare alloggi, ecc., ma comunque rock’n’roll!

Non vorrei essere troppo crudele nei confronti soprattutto di Matteo e Stefano, dato che avete lasciato il lavoro: sbattetevi!! Sbattetevi tanto! Matteo: Certo! Ma è stato un bisogno, perché devi crederci. Quando sali sul palco, devi far vedere che ci credi e che ti piace quello che fai. Se tutto quello che fai non è vero, le persone lo capiscono. Fino adesso, grazie a Dio non abbiamo ancora avuto feedback negativi, anche da persone che magari non apprezzano il genere, ma hanno rispettato la nostra musica e ci hanno fatto i complimenti, soprattutto per l’energia che stiamo portando sul palco. All’inizio è normale affrontare problemi e scontri nel montaggio del palco, non eravamo ancora ben organizzati perché non sapevamo in realtà cosa ci sarebbe capitato. Si possono provare tante volte in sala prove, ma quando ti trovi sul palco con tutte quelle emozioni è lì che ti fai la scuola, con tutti gli imprevisti del caso. Adesso possiamo dire che siamo molto più organizzati, più tranquilli; abbiamo rotto il ghiaccio dopo le prime date, anche se l’eccitazione è sempre tanta prima di salire sul palco.

Se doveste affrontare un nuovo tour internazionale, con quale band sognereste di farlo? Stefano: Magari con i Muse non ci farebbe schifo (ridono tutti), li vedo bene.

Gloria: Per me i Nothing But Thieves, o anche i Paramore. Ma potrebbero essere anche altri, come i Placebo, gli Halestorm, i Pretty Reckless, ecc.

Matteo: Il filone è più o meno quello. Ovviamente stiamo parlando di artisti a cui bisogna tirare giù il cappello.

Overlaps live @ Velvet Rock Club, Pordenone
 

Il territorio dal quale provenite, che è il Friuli, ha fatto nascere gruppi rock/metal importanti che hanno avuto un ottimo seguito. Ad esempio Rhapsody, Starsick System, Overtures, Elvenking. Il contesto friulano è un contesto ideale per poter esprimere la vostra musica, dove avete magari iniziato a fare un po’ di gavetta, o sentite il bisogno di spostarvi altrove per dover emergere? Stefano: Purtroppo dobbiamo spostarci, perché il Friuli e le nostre zone non ci danno proprio nulla. Abbiamo subito notato questa differenza sostanziale tra l’estero e l’Italia.

Matteo: Vorrei fare un appello a tutti i musicisti che vogliono sfondare nel mondo della musica, che non sia italiana: Via! Scappate da qua! Non risolverete mai niente. Vuoi risolvere qualcosa in Italia? Devi essere una puttana. Dico così perché ho avuto altre realtà ed altre esperienze grosse con un’altra band italiana, abbiamo fatto tutte le cose essenziali, ecc. ed abbiamo visto, che non facendo mai le puttane, siamo arrivati fino ad un certo punto e ci siamo fermati. Invece abbiamo visto chi faceva le puttane, anche se non erano all’altezza, arrivavano sempre in alto. Non è una cosa che ci interessa.

Nemmeno nelle grandi città italiane come Milano o Roma preferirete stare? Stefano: No, abbiamo visto subito questa differenza con l’estero. Noi all’estero ci siamo sentiti per la prima volta dei musicisti, visti come musicisti e trattati come musicisti, come gente che fa spettacolo ed è apprezzata dall’inizio alla fine perché dà qualcosa di piacevole alle persone, ed è un’emozione.

Matteo: All’estero interessa capire cosa hai da dire, vanno alla ricerca di quello. Qui in Italia, invece, puoi essere anche Gesù, ma se non appari, non hai 10.000 like su Facebook, non sei nessuno.

Domanda un po’ stronza: a ruota libera (nei limiti del possibile e della decenza), pregi e difetti di ciascuno della band. Matteo: Testa calda. Pregi: neanche uno. Testa calda, testa di cazzo, tante teste. Però buono, buono di persona e sincero. Non ti prendo per il culo mai. Quello che è, dico. Senza filtri. Quando ti dico “sei una merda”, sei una merda. Non dico “eh.. sì… forse….”, no. “Sei una merda”. Diciamo che sono troppo sincero, troppo diretto. Tradotto: testa di cazzo.

Marco (chitarra): Tranquillo, buono. Cura maniacale per i dettagli e di tutto quello che va nel lato tecnico e musicale, e mi piace che le cose siano fatte bene e che ci sia un certo livello, per quello che può permettere lo stage o la preparazione della band in generale. Difetti ovviamente neanche uno. Uso molta modestia (ridono). Forse i difetti dovete dirli voi (rivolto al resto della band).

Stefano: Forse Marco è prolisso, ogni tanto potrebbe acquistare il dono della sintesi che gli manca. Invece io sono stronzo, quando mi ci metto posso risultare anche cattivo, ma lo faccio perché sono un po’ come Matteo, dico le cose in faccia, specialmente quando perdo la pazienza. Nel positivo, cerco di tenere tutti piuttosto uniti, o comunque tendenzialmente ci provo. Sono una persona che cura molto i dettagli, che possono essere dal vestito di Gloria ai social media, dato che voglio che abbiano una buona impronta ed una buona visibilità. Sono l’admin dei social, ma chi si interfaccia personalmente con i follower è Gloria. Siamo io e lei che seguiamo la cosa, ma è Gloria segue direttamente rispondendo alle persone, perché abbiamo deciso che fosse lei la punta di diamante della band, ed è giusto dare un’immagine che fosse lei. Un’altra cosa è che sono molto razionale sulle cose, ci ragiono molto prima di prendere decisioni.

Gloria: (inizia subito a ridere) Difetti: rompiballe, lenta, testarda, ansiosa, agitosa, permalosa.

Stefano: Gloria è molto permalosa. Infatti, mi rivolgo ai fan: se volete avere una chance con Gloria, dovrete adularla perché ha un ego smisurato. Il pregio più grande di Gloria è che lei è una macchina da guerra; quando si mette e persevera su un obiettivo musicale, è un treno che va avanti e non molla mai. È sempre lì, è sempre costantentemente sul pezzo, e cerca di gestire tutti i lati della band.

Chiudo chiedendovi un motivo valido che convinca gli appassionati ad ascoltare gli Overlaps? Stefano: Siamo una band vera, senza filtri. Come ci vedi sul palco, ci vedi anche fuori dal palco. Se vuoi parlare con noi, puoi farlo tranquillamente; se vuoi scriverci, ci scrivi e rispondiamo a tutti. Riguardo ai consigli, chiunque può darci consigli li accettiamo tranquillamente. Alla fine, però, saremo sempre noi stessi.

Qual è stato il consiglio più costruttivo che avete ricevuto fino adesso? Stefano: Il consiglio più costruttivo che abbiamo ricevuto è stato quello di non mollare quello che stiamo facendo.

Gloria: Ci hanno consigliato di tornare all’estero (o comunque live) il prima possibile, di non lasciare tanto tempo vuoto perché la gente, avendoci sentiti e dandoci tutti questi feedback positivi, si aspetta che torneremo il prima possibile a battere gli stessi paesi dove siamo andati. Tanti ci chiedono un tour da headliner, e quindi di proporre più pezzi nostri. Questo ci gasa parecchio.

Matteo: Io consiglio sempre una cosa: ricordarsi sempre la terra da cui si proviene. Quindi ci vuole umiltà, perché sei una persona come tante altre. Mai guardare dall’alto verso il basso.

Gloria: Quello che abbiamo notato soprattutto dai The Rasmus è il loro comportamento umile, nonostante gli anni di esperienza e di successo. Loro ci hanno trattati veramente bene.

Stefano: Anche tra di loro, nella crew, sono tutti allo stesso livello, molto compatti, dal fonico all’addetto al merchandising sono tutti quanti uniti. Perché in fondo, la band è una macchina in cui ognuno fa il proprio ruolo; se qualcuno non lo fa bene, cade tutta la struttura, e non è quello che dovrebbe essere una band. La band deve essere i musicisti, più tutto il loro contorno a sostegno.

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