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JAG PANZER: AMPLE DESTRUCTION

data

22/04/2005
95


Genere: Power Metal
Etichetta: No Poser
Anno: 1984

Ma in USA che gli davano a mangiare ai bambini negli anni 60? Pane e acciaio Inox? No, perchè non vedo altre spiegazioni per descrivere la scena heavy americana degli anni '80... in quel periodo, anche la più sfigata delle metal bands yankee è riuscita a pubblicare almeno un lavoro o una canzone da dare in pasto alla storia, creando un sound che è entrato (e deve ancora uscire) nei cuori di due generazioni di metallari. Perchè se si ama il metallo puro e senza compromessi, l'heavy/power/epic che dir si voglia americano degli anni '80 è una realtà a mio avviso irrinunciabile: e se si ama il power metal made in USA, questo disco, insieme a un paio di altri titoli, è probabilmente il non plus ultra assoluto. I Jag Panzer negli eighties hanno dato alla luce solo questo titolo (e il bootleg, ristampato di recente, "Chain Of Command"), e anche se non avessero ripreso a sunare negli anni '90 credo che la loro leggenda sarebbe ugualmente viva ed immortale: "Ample Destruction" è uno di quei dischi che sembra impossibile siano dischi d'esordio, tanto sono perfetti! L'US power dei Panzer era fin dall'inizio particolare e difficilmente imitabile: spesso veloce e aggressivo, a tratti incredibilmente epico ed evocativo, basato su ritmiche telluriche ma incredibilmente dinamiche e su riff di chitarra sempre bellissimi, anche perchè figli diretti della lezione impartita dai Judas Priest. Su questa base apparentemente canonica si inseriscono due elementi che fanno la differenza: la maestria solistica del guitar hero Joey Tafolla, che nonostante qui fosse poco più di un ragazzino sforna autentiche perle di classe e bravura, e soprattutto la voce inconfondibile di "Tyrant": Harry Conklin, un uomo un perchè, uno dei più grandi cantanti della storia dell'heavy inspiegabilmente misconosciuto, aggressivo ed epicissimo sui toni medi ma capace di toccare il cielo quando si slancia in acuti cristallini o in potentissimi falsetti come ogni metal screamer che si rispetti. Sono queste le basi di un sound unico e peculiare, valorizzato da una produzione giustamente spartana ma precisa e senza sbavutre, ma quello che davvero esalta di "Ample Destruction" è l'incredibile qualità media delle canzoni. L'unico calo di tensione può essere il mid tempo "The Watching", ma per il resto c'è solo da saltare ed headbangare per tre quarti d'ora! Sono degli stop di batteria che ti schizzano il cuore tra le tonsille ad annunciare l'opener "License To Kill", in cui Conklin dà il meglio di sè con un ritornello in cui salta di ottava in ottava come niente fosse, per passare poi al memorabile riff di "Warfare" (la canzone più immediata del lotto) e alla trionfale "Symphony Of Terror", la cui marcetta centrale è uno dei momenti più belli della storia dell'heavy americano. Come dimenticarsi poi di quell'anthem del metallo che è "Reign Of The Tyrant", il brano più vecchio del lotto, giocato su un riff semplicissimo ma duro come il cemento, e su un ritornello che non esito a definire memorabile ("under the knife!"), o la tamarra "Generally Hostile", in cui pur essendo nel 1984 il batterista Rick Hilyard spara in doppiacassa con la velocità e la potenza di un treno. Chiudono le danze l'anthemica "Cardiac Arrest", e l'epica "The Crucifix", in cui traspare anche la passione (mai negata) dei nostri per il sound epic metal, e il disco ci lascia felici, esaltati e metallicamente appagati, perchè anche se non abbiamo sentito "trovate geniali", "raffinate divagazioni" o "sublimi sperimantazioni", ci rendiamo conto che di canzoni brutte non ce n'è stata neanche una, e che a non raggiungere l'eccellenza ce ne saranno stata una o due al massimo. E poi si chiedono ancora perchè anche chi a quei tempi non era ancora nato divinizzi gli anni '80, cazzo. Se poi pensate che i Jag Panzer siano una band della sfiga, che non se li cagava nessuno allora e non se li caga nessuno adesso, e che noi siamo solo dei beceri esaltati, beh, il problema è solo vostro.

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